Avevo molto timore a vedere The Great Gatsby, dopo Australia il mezzo flop che aveva seguito uno dei miei film preferiti di tutta la storia del cinema: Moulin Rouge. Avevo paura perché il trailer riverberava un tentativo di ricreare proprio quelle stesse atmosfere, quel fragore sfrigolante, pareva quasi chiedere scusa della sua precedente piatta diserzione. E che un genio come Luhrmann facesse il verso a se stesso mi intristiva, irritava.
Senza voler leggere nessuna recensione sul film, sentendone solo un’eco di vento negativa, sono andata a vederlo in versione 3D; tanto valeva – in caso – farsi del male fino in fondo.
«Into the white»: la guerra senza guerra | Intervista a Petter Næss al Nordic Film Fest di Roma
Si è concluso da poco il secondo Nordic Film Fest alla Casa del Cinema di Roma, organizzato in pool dalle ambasciate scandinave d’Italia: un’edizione ancora più fortunata e partecipata della precedente, con film di altissimo livello che hanno davvero donato emozioni autentiche e profonde ai fortunati che sono riusciti, dopo lunghissime code, a guadagnarsi un posto in platea. Finalmente pellicole lontane da personaggi che non assomigliano alla nostra vita, che non ci sanno dare sentimenti profondi e sguardi nuovi e diversi sul mondo.
Tra i più importanti lo splendido Road North di Mika Kaurismäki, che ha messo insieme due grandissimi attori per un road movie padre-figlio commovente e inedito, e l’intensissimo Mangiare dormire morire di Gabriela Pichler, vincitore del premio del pubblico della Settimana della Critica di Venezia 2012, dove la regista ottimamente prodotta da China Åhlander ha raccontato il mondo della marginalità dell’immigrazione e difficoltà di sopravvivenza nel mondo lavoro attraverso una storia orgogliosa e tenace, affidata ad attori non professionisti su cui spicca un’incredibile protagonista, Nermina Lukac, di cui sentiremo certamente ancora parlare.
“Sparire”, di Fabio Viola
Il segreto è nel sottile gioco sul filo dell’assurdo: implacabile, scomodo, masochistico. Suspense e mistero – così lontani dal loro impiego furbo e dozzinale – portano a momenti di disagio e desiderio di fuga. Continuiamo tuttavia a leggere, voluttuosamente; costretti e ansiosi di uscire da certe situazioni evocate con tale precisione e tridimensionalità da diventare a tratti insostenibili. Restiamo perché è un mondo che non ci assomiglia e tuttavia riconosciamo, affrontandolo nelle nostre difficoltà oniriche, che qui diventano Letteratura. Dopo “Gli intervistatori”, convince in pieno anche la seconda prova di Fabio Viola, che pure qui riesce a toccare, senza alcun psicologismo, corde profonde dell’inconscio. Va in onda il malessere, l’incapacità di reagire, il senso di impotenza, e simultaneamente il suo opposto: l’iper-reattività senza controllo, l’istinto all’azione immediata che spesso ha più [buon]senso di una diversa strategia.
Maggiormente narrativo rispetto al primo, questo romanzo ci porta all’interno di una storia che inizia alla Brazil, dove il protagonista sembra esserlo suo malgrado: Ennio (un ragazzo italiano benestante e poco facente) parte per il Giappone alla ricerca della sua ex ragazza, Elisa.
Il miglior corto del 2013 si chiama Genesi…
… e lo ha girato Donatella Altieri.
Ecco il mio pezzo che racconta la sua meritatissima vittoria al Bif&st di Bari, ieri sera!
“Genesi” il cortometraggio di Donatella Altieri vincitore al Bif&st di Bari
Per la prima volta il più prestigioso festival di cortometraggi d’Italia, il ConCorto, organizzato sin dal 1992 dall’organizzazione romana di Arcipelago, è fuggito dalla capitale per approdare nel calde e accoglienti braccia del Bif&st di Bari, manifestazione sempre più importante del panorama nazionale. Felice Laudadio, direttore del festival barese, ha colto il polemico e accorato grido di dolore lanciato lo scorso giugno da Stefano Martina, direttore di Arcipelago, che lamentava una carenza drammatica di fondi e un’impossibilità a continuare a realizzare la manifestazione a Roma dove tra il Ministero dei Beni Culturali, il Comune Roma e la Regione Lazio, non c’era mai verso di sapere se e quanti fondi sarebbero stati stanziati per il festival, nonostante la sua rilevanza anche internazionale.
Re della terra selvaggia: quando le bambine perdono
Si è scritto moltissimo e a ragione su questo film dell’esordiente Benh Zeitlin, regista trentenne autore di un piccolo capolavoro che –pur non avendo vinto nessuno dei quattro Oscar a cui era candidato – ha pur sempre meritatamente ottenuto le nominations. Un film girato con freschissima maestria, e con un impostazione che ricorda Rosetta dei Dardenne tanto nei contenuti psico-sociali quanto in quelli schiettamente filmici.
È la storia di una bambina seienne, Hushpuppy, che vive con il padre in una baracca, allo stato quasi brado, in una regione paludosa della Louisiana soggetta a esondazioni. Il padre malato e alcolizzato si occupa rudemente e sciattamente di lei, puntando a renderla un’adulta per evitare di assumersene vere responsabilità.
La luce sul Vajont
Dopo il mio pezzo su Dolomiti Contemporanee, ho sentito il desiderio di scrivere ancora per questo evento così speciale e coinvolgente emotivamente. Esce oggi su l'Unità, e tra qualche giorno per Bcomeblog, in una versione leggermente diversa. Intanto L'Unità:
Un raggio di luce sul Vajont
Sono quasi cinquanta anni dall’anniversario dell’olocausto del Vajont: il 9 ottobre 1963 un’immane e annunciata (a gran voce sulle pagine de L’Unità dall’indimenticabile Tina Merlin) frana del Monte Toc all’interno del bacino artificiale della diga del Vajont, produce un colosso di acqua e detriti che spazza via la vita di quasi duemila persone, e delle loro case, travolgendole a una velocità di cento chilometri orari per settanta metri di altezza. Una forza talmente devastante che nessuno dei cadaveri ritrovati ha indosso alcun capo di abbigliamento: la potenza dell’onda ha rimosso e divorato ogni cosa sul suo cammino.
Ego Est – Ritratti di Onze
Finalmente ho avuto modo di parlare di un artista che seguo da sempre, Stefano Centonze, in arte Onze, facendogli anche un intervista per Bcomeblog.. enjoy!!
Stefano Centonze, aka Onze, è un artista che da oltre vent’anni ha dato un senso potente, contemporaneo e innovativo alla definizione “illustratore”. L’ha fatto soprattutto con la sua capacità di infondere uno spessore completamente artistico alla difficile arte del fornire un’iconografia a storie, trame, concetti, avvenimenti, persone: ritratti non ritratti, formule libere, “illustranti”, di ciò che un viso o un corpo, fotografati, nascondono.
“Il sospetto” di Thomas Vinterberg
Lucas (Mads Mikkelsen) e Theo (Thomas Bo Larsen) sono cresciuti insieme in una piccola cittadina della campagna danese, andando spesso a caccia con un gruppo storico di amici. Theo e la moglie litigano di frequente e a farne le spese è la loro secondogenita Klara, una bimba di 5 anni che frequenta l’asilo dove Lucas ha trovato un lavoro temporaneo – avendo perso un posto da insegnante a causa dei tagli alla scuola. I genitori di Klara la trascurano molto e, nel momento in cui Lucas la tratta in modo gentile e protettivo, la bambina sviluppa per lui una cotta infantile: gli regala un cuore e lo bacia sulle labbra.
Esercizi sulla Madre, di L. R. Carrino
Esercizi sulla madre di Luigi Romolo Carrino, Perdisa Pop
Non è un libro semplice, questo, nel bene e nel male. Non è un libro della sera, o del treno: è un libro che va propriamente letto, anzi imparato a leggere, cosa che si fa dalla ventesima pagina fino all’ultima. La parola in alcuni passaggi è davvero preziosa, incidente, perturbante, auto compiuta. A volte troppo: la parola si gonfia e pretende tutto, anche di non essere capita; altezzosa, distante. E a volte ciò che si narra è iperbolico, sovradrammatico, implausibile, mi ha lasciato una sensazione di eccedenza, di volontà di effetto; anche se non penso che l’autore ne avesse il proposito. La sensazione che ho, invece, è che Carrino volesse provare a guardarsi dentro uno specchio mentre vomitava, piangeva, gridava, ma tutto piano, tutto solo mouse e tastiera, con persino qualche sorriso di bravura che ci sta tutto: la sua penna è compiuta e poetica, raffinata.
Ci vuole un anticoagulante, e tempi morbidi, per compiere il viaggio di questa lettura, che non è per tutti, e non è per qualsiasi giorno. “Esercizi sulla madre” è la storia di un bambino di 38 anni che abbandonato dalla madre una notte di 30 anni prima non ha mai smesso di escrescere intorno a quella fuga senza addio, di cui solo nella conclusione ribalta il finale.
Ciao Gio…
Quanto è stata importante Giovanna De Angelis, per la letteratura italiana.
Quanto ha dato come editor, per anni, a tanti romanzieri e romanziere, con generosità e attenzione, con cura e delicatezza infinite. E che percorso precoce e lungo ha fatto, col suo talento straripante, il senso della bellezza della parola immenso, esercitato con dolcezza ferma a cui ci si poteva appoggiare. Lo dice chi ha lavorato con lei, i fortunati che l’hanno fatto.
E i suoi tanti altri interessi, l’attenzione alle donne, la poesia, il suo amore per la musica; il suo senso così forte di giusto e sbagliato, di retta e torta via, che l’ha portata a scelte difficili dove è stata disposta a pagare di persona pur di non fare compromessi con la sua etica. Perché i suoi bellissimi occhi di ambra liquida potevano diventare anche molto acuminati, e renderla decisa sulle cose in modo irrevocabile, toglierle la paura di portare fino in fondo le sue scelte, farsene carico.
Per questo mi piaceva così tanto Giovanna.
Ma non era per questo che le volevo bene. Gliene volevo perché era una donna con un cuore bello e libero, forte, meridionale, solidale. E una volta che ci siamo incontrare a pranzo per scambiarci dei contatti e delle informazioni professionali, sedute all’aperto in una terrazza di sole e di vento, siamo finite a farlo con un senso quasi archetipo di solidarietà femminile, come sorelle complici. Coi suoi sorrisi dall’altro lato del tavolo, le labbra, i capelli, gli occhi di ambra liquida, la pelle bellissima. E un abbraccio di saluto che non finiva più.
Ti porto dentro così Giovanna, con gratitudine e dolore.