“Deragliate” nuovo pezzo per LPELS

Da stasera è online il nuovo pezzo "Deragliate" su La poesia e lo spirito, dedicato alle donne che vivono per strada. Un tema che mi colpisce molto. Ci sarà presto un seguito, di Isabella Moroni, che ha una sensibilità molto vicina alla mia su questo tema.

DERAGLIATE

Quella all’angolo tra via Cavour e via Torino è la più giovane di tutte. Guarda verso l’altro capo del semaforo e fa le facce come una che stia rimorchiando un ragazzo a una festa. Solo che sul marciapiede opposto non c’è nessuno. Boccacce, risolini, si tocca i capelli. Per nessuno. Fa capire che ci sta, se lui vuole. È solo dopo qualche istante che ti accorgi che quei capelli sono un po’ troppo appiccicati. Che la guancia ha una velatura di sporco come quella di una bimba dopo tre ore alle giostre. Che la maglietta che le sta appesa sulle spalle rinsecchite come una stampella è più grigia del suo grigio, e i suoi jeans macilenti.

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Il 18 novembre esce la raccolta “IL LAVORO E I GIORNI”, Ediesse, con un mio racconto

Che bello!

IL LAVORO E I GIORNI
Venti racconti sui giovani,
la precarietà, la disoccupazione

a cura di Mario Desiati e Stefano Iucci
prefazione di Raffaele Manica
illustrazioni di Mario Ritarossi

Collana Arte e Lavoro, Pagine 160, Prezzo 14,00, Uscita 18 novembre 2008
Mario Desiati, scrittore, redattore di «Nuovi Argomenti»
Stefano Iucci, giornalista di «Rassegna Sindacale»
Raffaele Manica, professore di Letteratura italiana nell’Università Tor Vergata di Roma
Mario Ritarossi, pittore e storico dell’arte

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Occhidibra’ (da “Tutti giù all’inferno”)

Nell’antologia Tutti giù all’inferno il personaggio che lega le storie è un pazzo che ho chiamato Occhidibra' nel senso dantesco di Caronte Occhi di Bragia. Lui è proprio il mio fool, la mia bocca della verità, l’inaudito. Se lo incontrassi mi girerei dall’altra parte, farei finta che fosse trasparente, e lui lo sa. Per questo, giustamente, mi disprezza. Per questo io lo rispetto. Insomma, Caronte è un personaggio speciale, che fa delle incursioni nell'antologia. Ne ho scritte un paio io, eccole.

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OCCHIDIBRA’ – I

AHH! AHH!!!! Eccoci signori! Siete pronti per il viaggio?
Ma guarda che facce, tutti a guardarsi i piedi. Io lo so quello che pensate sapete? 41 gradi all’ombra, 45 nella metropolitana, e pure il matto ci voleva! AHH! AHH!!!! Eh sì! Eccoci signori, sono il matto, ma non abbiate paura, non si sposti signora, che perde il posto a sedere, non si sposti che non le faccio niente io sa? Sono matto ma sono innocuo, forse. Sono innocuo, purtroppo. Chi è che da fastidio? Brigatisti non ne abbiano no, sono finiti tutti, ma già nel ’77 però eh? Non penserete mica che Moretti? Ma che scherzate? Eh già! Innocuo! Continua a leggere

Sovversivo (da “Tutti giù all’inferno”)

Questo è il racconto con cui ho concluso l’antologia Tutti giù all’inferno e il manifesto del mio credo. Uno dei racconti che amo di più. Avevo bisogno di metterlo su carta, darmi una linea guida dentro per riconoscermi in qualcosa di mio e solido prima che il mio senso di disgusto nei confronti di Santa Romana Chiesa sommergesse anche l’ultimo raggio di fede acceso, spegnendolo. Vivo laicissimamente, ma questo è ciò che penso del lascito di Gesù di Nazareth.

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SOVVERSIVO

Chissà che forma avevano avuto i Suoi piedi. Se erano stati grossi o magri, con l’alluce lunghissimo o le dita pari. Com’erano state le sue guance sopra la barba, tonde o scavate? Se i peli erano folti o radi sul suo petto, se il sudore sotto la tunica di lino prudeva, come la sabbia tra le stringhe dei sandali e la pelle callosa.

La scorciatoia per il capolinea dell’autobus che arrivava ad Anagnina era un sentiero di spini e polvere dove le finte Birkenstock prese all’Upim avevano dimenticato di essere celesti. La tentazione di mettere i piedi sotto la fontanella era stata forte, ma chissà se si sarebbero asciugati in tempo per il suo ingresso negli uffici della Congregazione Vaticana del Clero. Da lì solo quarantacinque minuti per arrivare al Tempio. Continua a leggere

Pure Cristo (da “Tutti giù all’inferno”)

Mi è dispiaciuto molto non aver messo questo racconto anche nella versione libro dell’antologia Tutti giù all’inferno perché è una storia a cui tengo. Ci tengo perché anche se le persone di cui scrivo sono diverse e si muovevano in tutt’altro contesto, io questa storia l’ho vista passare sotto i miei occhi, senza farci nulla tranne che parlarne ai superiori e al sindacato. La vittima fu trovata poi un giorno nuda per strada, dai Carabinieri, da lì ricoverata e imbottita di farmaci. Ha poi lasciato il lavoro e preso 20 chili. Vive in trance, in un altro continente. Visto che di fatto non ho alzato un dito per aiutarla, le dedico questo racconto.

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PURE CRISTO

Non sono mica io, no, è lei che se la cerca. È stupida, cretina, non ci arriva, è minus habens. Inutile che Santini dica che mi devo dare una calmata, io sono calmissimo. È lei che è scema. Poveraccia, mi fa quasi pena, a volte. Quando la vedo che non sa ancora usare la fotocopiatrice è troppo, dopo due anni che l’abbiamo cambiata ancora non si ricorda da che lato mettere i fogli. Ti fa impazzire una così. Anche la Minetti ha detto che devo stare calmo, che quando in ufficio non ci sono la Survino i fogli li mette giusti e non sbaglia neanche a spedire i fax. Continua a leggere

Spiccioli (da “Tutti giù all’inferno”)

Questo è il più “antico” dei racconti che ho pensato per l’antologia Tutti giù all’inferno, la prima ispirazione che mi è venuta vedendo una giovane donna inginocchiata a chiedere l’elemosina con un santino messo dentro un piccolo contenitore di plastica, da frutti di bosco. Mi ha fatto pensare a una costruzione, a uno strumento di marketing, con cui ho curato il mio disagio.

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SPICCIOLI

Non glieli voglio dare.
No no no.
Sono tutti degli attori consumati quelli là, se ne stanno belli tranquilli poi quando intravedono il passante fanno smorfie da disperati, si fanno venire le rughe in faccia, storcono la bocca, si dondolano avanti e indietro, e attaccano con le litanie. Sporchi e cenciosi quei bambini in braccio, mi sa che li drogano per farli stare lì delle ore quasi fermi. Per terra vicino al piscio dei cani. Quelle braccette di bambino tutte sporche, con il grigio che fa le striature, le magliette bucate. Che bisogna fare, levargli i bambini?
Le donne le costringono quelli, se arrivano a casa senza soldi le picchiano quei bastardi, picchiano anche i bambini.
No no no. Continua a leggere

Fuori strada (da “Tutti giù all’inferno”)

Questo è uno dei racconti che ho pubblicato nell’antologia Tutti giù all’inferno e affronta un tema che mi affascina e inquieta molto: assassini per colpa, sì, ma veniale: più che altro per fatalità, per scherzo crudele del caso. Fa il paio con un altro racconto sullo stesso tema "Era un cane", uscito su Accattone, che però ha ancora meno redenzione tra le righe.

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FUORI STRADA

Pronto? Pronto? Amore ciao! Sì ora ti sento, tu mi senti? No è che stavo entrando adesso in metropolitana con un collega, aspetta che lo saluto…
Maurizio scendi intanto tu nel forno crematorio eh eh, io semmai ti raggiungo sotto va bene? Ma no figurati vai pure, ci vediamo domani, al limite, OK? Ciao, sì, ciao! A domani eh? E stai su, va bene?
Amore, ci sei? No aspetta che ti voglio dire ‘sta cosa, non sai che storia che m’ha appena raccontato Maurizio. Ma no, parlo piano perché ho paura che mi senta, aspetta un attimo, ecco adesso ha girato la rampa delle scale… No, non quel Maurizio, quello è del secondo piano, questo è Maurizio Bertoli, c’hai presente? Quello di Grottaferrata, con la moglie ricca, dài, quello che fino all’anno scorso girava in Porsche Cayenne, che poi se l’è venduto e tutti dicevano che la moglie gli aveva tagliato i cordoni perché andava a mignotte, ti ricordi? Sì bravo, proprio quello, che da un annetto ogni tanto me lo ritrovo in metro e non dice mai una parola, che t’avevo detto che mi dava l’angoscia perché mi pareva malato, sì quello! Continua a leggere

Quattro minuti (da “Tutti giù all’inferno”)

Questo è uno dei racconti che ho pubblicato nell’antologia Tutti giù all’inferno e prende ispirazione da WM1, facendo riferimento a un suo pezzo letto su una mail di Giap qualche anno fa. Si parlava del carcere dell’Asinara e del fatto che ai condannati venissero dati solo quattro minuti per fare la doccia, anche se WM1 dice che il testo più esaustivo sull’argomento si trova qui.
Sono le riflessioni e i pensieri ossessivi e un po' bui di un giudice in pensione durante un bollente viaggio in una metropolitana senza aria condizionata.

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QUATTRO MINUTI

Vent’anni oggi. Già vent’anni, ma ieri, sembra ieri. Il viso non me lo ricordo più ma lo sguardo lo riconoscerei anche adesso, mi viene a guardare, la notte. È lunga la notte dei giudici in pensione. Me l’aveva detto Marcucci, i giudici in pensione pensano troppo, hanno troppi ricordi e poco sonno, e Simenon l’ho finito tutto da un pezzo. Questo caldo infernale, farà così caldo all’Asinara? Solo quattro minuti per la doccia. Continua a leggere

Esther (per Wu Ming Foundation)

Questo più che un racconto compiuto è una sorta di ulteriore epilogo dell’epico “Manituana” di Wu Ming. È stato pubblicato sul sito del libro, al secondo livello (quello riservato a chi ha già letto il romanzo) ma è doveroso chiarire che gli autori – pur avendolo credo apprezzato sotto il profilo narrativo – non erano molto d’accordo con la mia visione/interpretazione : )
La versione rtf è scaricabile qui.

 

ESTHER

Il primo a bagnarsi non fu l’alluce ma il medio, ché era il più lungo.
«I tuoi piedi lasciano impronte da orsa», la prendeva in giro.

Così fu il medio, del piede destro. Aveva scelto che fosse quello ad affondare per primo nella rena fredda del lago. Era Gemello Destro che doveva portare ordine nelle cose.
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Il respiro di Seth

Questo racconto l'ho scritto come contributo esterno al progetto Kai Zen per il romanzo “La strategia dell’ariete” (Mondadori 2007), un divertissement che deve molto alle migliaia di pagine dell’impareggiabile Georgette Heyer (e della sua formidabile traduttrice Anna Luisa Zazo), delle quali mi sono cibata e ricibata per molti anni e con cui ho quindi di certo un debito di riconoscenza letteraria. Non è facile da comprendere se non si è letto il romanzo, ma è una scena che mi piace, e volevo pubblicarla qui comunque.

La versione rtf è scaricabile qui o sul sito di Kai Zen.

 

IL RESPIRO DI SETH – FRANCIA 1771

Le ultime parole di André Guillaume de Florin, quinto visconte di Solian, erano appese nell’aria da alcuni minuti: “una morte atroce”.
Le aveva pronunciate per ultime apposta, e si era compiaciuto del silenzio un po’ cavernoso che avevano lasciato nella biblioteca, rotto solo dal crepitio irregolare dei ceppi nel caminetto. Continua a leggere