Spiccioli (da “Tutti giù all’inferno”)

Questo è il più “antico” dei racconti che ho pensato per l’antologia Tutti giù all’inferno, la prima ispirazione che mi è venuta vedendo una giovane donna inginocchiata a chiedere l’elemosina con un santino messo dentro un piccolo contenitore di plastica, da frutti di bosco. Mi ha fatto pensare a una costruzione, a uno strumento di marketing, con cui ho curato il mio disagio.

La versione rtf è scaricabile qui.

SPICCIOLI

Non glieli voglio dare.
No no no.
Sono tutti degli attori consumati quelli là, se ne stanno belli tranquilli poi quando intravedono il passante fanno smorfie da disperati, si fanno venire le rughe in faccia, storcono la bocca, si dondolano avanti e indietro, e attaccano con le litanie. Sporchi e cenciosi quei bambini in braccio, mi sa che li drogano per farli stare lì delle ore quasi fermi. Per terra vicino al piscio dei cani. Quelle braccette di bambino tutte sporche, con il grigio che fa le striature, le magliette bucate. Che bisogna fare, levargli i bambini?
Le donne le costringono quelli, se arrivano a casa senza soldi le picchiano quei bastardi, picchiano anche i bambini.
No no no.
Se gli dai i soldi sì, ah sì che li fai continuare a stare per strada. Finché la gente glieli da i soldi continueranno a obbligarli a stare lì, in mezzo al piscio dei cani. Non bisogna dargli niente, ma perché non decidiamo tutti insieme di smettere di dargli l’elemosina? Così spariscono dalla strada, se non guadagnano più niente a stare lì.

Chissà quanti anni aveva quella… difficile dirlo, con quella pelle di terriccio e i capelli di saggina. Forse 18, 25, o 30, boh… il seno era piccolo, consumato, tutto rugoso verso il capezzolo scuro. Anche i miei si erano scuriti quando allattavo Laura, ma niente rughe, ho smesso in tempo, il mio seno è ancora quasi bello come prima. Laura è sempre pulita e odora di sapone, i riccioli le saltano in testa quando mi viene incontro con la cartella sulle spalle. Anche ora che fa caldo, profumata.
Che caldo. Questo è un caldo che abbrutisce. Qua dentro viene l’angoscia, ci mancava pure il matto che parla da solo. Pensi che faccia caldo dentro la stazione, ma non è niente in confronto al forno del vagone. Una bara, non ci sono speranze di niente, bisognerebbe bruciare tutto. Bruciare tutte le carabattole, togliergli i bambini, fare pulizia. Lavarli uno per uno, le braccine, come Laura.
No no no.
E poi non avevo spicci. C’ho solo due euro sani. Che facevo glieli davo? “Per comprare un po’ di latte al bambino” sì, figurati, per comprare da bere al padre o al nonno del bambino piuttosto. Con il santino che entrava giusto giusto dentro a quella vaschetta di plastica del supermercato, quella che usano per i frutti di bosco. Chissà se è stata contenta quando ha preso il santino, ce l’ha messo dentro e ha visto che ci andava giusto giusto. Chissà se gliene fregava qualcosa che ci stava giusto giusto. Chissà se ha comprato i mirtilli, per il bambino, e poi le avanzava la vaschetta, oppure se l’ha presa dall’immondizia della sua periferia, l’ha portata nella baracca o la roulotte, gli ha dato una sciacquata, forse alla fontanella. Magari a Villa Gordiani, dove c’erano anche gli sfollati del centro dopo la guerra, ci stava anche zio Umberto lì, con le latrine pubbliche e gli scoli a cielo aperto, e la puzza di muffa. Chissà dove abita col suo bambino coi capelli di saggina.
No no no, non ci credo che glieli compra i mirtilli. Bruciare tutto, togliergli i bambini per sempre.
Poi avevo solo due ero sani.