Cosa distingue un artista della fotografia da un semplice fotografo? Nell’epoca della banalizzazione e overdose fotografica dovrebbe essere difficile trovare il confine, eppure non lo è. Perché una foto ha smalto, anima, originalità, ribaltamento, o non ce l’ha; alla faccia di filtri, ritagli e altri contorsionismi post produttivi. E quella dello svedese Thron Ullberg − in questi giorni con una personale dal titolo “Vilsen” (“Perso”) alla Elf Galleri di Göteborg − è quasi più arte che fotografia.
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Saran belli gli occhi neri
Qualche giorno fa vedo un video pubblicato su fb che ritrae una jam session jazz tenuta in una angusta sala prove negli Stati Uniti. Ci sono una serie di musicisti; alcuni suonano, altri aspettano il proprio turno per prendere lo strumento e improvvisare. Uno di loro è evidentemente colpito dalla bravura dell’unica ragazza presente in quel momento, una teen-ager che suona magnificamente il piano, e decide di mandare live la sua improvvisazione. È proprio di fronte a lei, e per riprendere al meglio le sue velocissime dita sulla tastiera, coglie anche il particolare delle sue gambe, che vestono solo un paio di shorts molto corti.
Il video dura solo qualche minuto, ma dà comunque tempo a una marea di persone di scrivere commenti estatici, sorpresi, emozionati, commossi, ma spesso anche tecnici: si capisce che i ragazzi e le ragazze che lasciano una nota sono in grado di valutare il talento poderoso di questa giovanissima pianista.
La libertà è un’altra cosa
Sono veramente perplessa e dispiaciuta dal tipo di prese di posizione sulla questione “burkini” che ho letto sulle bacheche di Facebook di gloriose femministe, compagne, amiche. Al di là del goffo editto francese (che mi pare più manipolatorio e dettato da un desiderio di ridicola “vendetta”, che non da un progetto politico), è piuttosto inquietante per me sentire impugnato un valore di “libertà” per la questione, come se questa libertà esistesse, ma soprattutto come se l’argomento non facesse parte di diritti costituzionali sui quali non è legittimo a mio avviso accettare alcun compromesso. Il rispetto delle culture non può eliminare quei valori morali, etici e politici che sono il frutto di 200 anni di cammino illuministico e oltre 100 anni di lotte femministe.
“L’ultimo giorno” – un racconto per Lpels
[Un racconto che ho lasciato nel cassetto per molti anni, ma che ho voglia di tirare fuori proprio in questi giorni. Una buona musica da ascoltare durante la lettura potrebbe essere questa, se avete voglia. Grazie.]
L’ULTIMO GIORNO
Quando la mattina si incamminava verso il lavoro in genere albeggiava. In silenzio, scendeva a valle insieme ad altri, ognuno a passo diverso, chi con asini, chi con ceste, chi con niente, come lui, sentendo solo il rumore dalla terra sabbiosa che scricchiolava sotto i sandali, dando un ritmo cullante al cammino. Solo qualche sporadico camion saliva a quell’ora in senso contrario verso il suo villaggio, mischiando acre gas di scarico e polvere in un’unica nuvola nera.
Marilyn Monroe – Un piccolo monologo
[Per i 90 anni mai compiuti da Marilyn Monroe pubblico questo monologo inedito, che ho scritto con molto amore per questa donna con la quale sento un legame speciale.]
Io bambina e mia madre che urla ridendo. O ride, urlando. Non so. Rabbia o felicità, non lo so.
Mia madre era pazza, credo, finita nell’ospedale dei matti; anche io del resto, un paio di volte, forse tre. Una volta mi sono fatta venire a salvare da Joe, sia fuggiti via attraverso la cantina..
Joe DiMaggio, il mio marito pazzo, che mi ha amata credo come nessuno. Perché scegliere una donna che tutta l’America vuole portarsi a letto se sei geloso anche di un solo sguardo? È come comprarsi una torta se sei diabetico. Ma lui mi ha amata però, nel suo modo folle e contorto; cercando di soffocarmi. Anche con il suo amore.
La Piùpausa
Non ho avuto inizi facili. I miei primi vent’anni sono stati un urlo trattenuto e rappreso, scivolato via nel gorgo della morte di mia madre e di mia nonna. Non ho avuto spazio emotivo per vivere il mio menarca, o la mia sessualità, o la mia bellezza. I successivi venticinque ho cercato di riprendermi da quello spavento, come un gatto sfuggito alle fauci di un cane se ne sta arrampicato sul muro a leccarsi una zampa. E neanche in quegli anni ho potuto vivere le emozioni collegate ai cambiamenti fondamentali del mio corpo − gestazione e maternità − perché ero sterile.
Mi ricordo che fino a poco tempo fa ogni tanto facevo qualche battuta sull’avere le caldane, nei giorni più torridi d’estate, con quel filo di disprezzo impaurito che si prova per un tempo brutto da cui si pensa irrazionalmente di essere esenti.
Le bambine dei tuoi sogni
Ho la sensazione e il timore che le bambine occidentali siano attualmente compresse da due modelli opposti, quello “principessa rosa” e quello “maschiaccio”, che in entrambi i casi servono (= “sono servi”) della magnificazione di un modello sociale patriarcale.
Donne da comprare
Riflessioni profonde sulla questione della genitorialità surrogata mi accompagnano ininterrottamente da qualche anno, ovvero da quando un mio amico e il suo compagno hanno avuto due gemelli attraverso la gestazione su compenso da parte di una donna. Tutto questo è avvenuto in un paese estero dove loro vivono da molti anni. È l’unico caso che conosco direttamente, e ne potrei riferire solo riscontri positivi, anche molto toccanti.
In queste ultime settimane ho pensato di dover prendere con me stessa una posizione più netta, a seguito di quanto molte persone hanno esternato, provocato, manifestato, malpensato e ipotizzato sull’argomento. Con grande sofferenza, ho deciso che una futura legge a favore del cosiddetto “utero in affitto” (eterosessuale o omosessuale per me non fa alcuna differenza, per me si tratta sempre e comunque di una famiglia) non mi vedrebbe favorevole.
Siamo i rom che si credono qualcuno
È evidentemente troppo tardi per una segnalazione della mostra Vi är romer [Siamo rom] ché − oltre a essere in chiusura − è allestita nella Kulturhuset [Casa della Cultura] di Borås, una cittadina della Svezia centro-occidentale in cui è assai dubbio che qualcuno possa mai capitare, a Febbraio; peccato, perché la città offre molto sotto il profilo artistico-culturale. Ma lo faccio comunque, non solo perché è la più avvincente mostra non artistica che abbia mai visto (e infatti ha vinto dei premi) ma soprattutto perché ciò che ne resterà, dopo il 29 febbraio, è un valore non legato al tempo; e di questo bisogna parlare. Continua a leggere
Donna, non mestruare con dolore
Covo questo pezzo da sette anni: tanti ce ne sono voluti perché io mi sentissi finalmente pronta a metabolizzare un tema così spinoso come la mia possibilità perduta di essere madre. E anche se ancora oggi continuo a sentire resistenza all’idea di ripercorrere il mio calvario, ho scelto di farlo per saldare un intimo debito di sorellanza verso tutte le donne, che voglio onorare a qualunque costo.