Una summa summarum della poetica e della filosofia malickiana questo ultimo struggente lungometraggio The tree of life dove il regista texano – il più schivo della storia del cinema – ha ripreso le storie, i simboli, le situazioni e il credo narrato nei suoi quattro film precedenti per tirarne fuori un densissimo capolavoro di arte cinematografica. Un film che si ricongiunge alla suggestione del suo primo lavoro La rabbia giovane, interpretato da un intenso carnale Martin Sheen con un’eterea quasi-bambina Sissy Spacek, suggestione che forse in questo film si chiarifica fornendo un senso molto più edipico a quella storia girata nel ’73.
Una famiglia middle class pare all’inizio incarnare la più tipica rassicurante immagine pubblicitaria possibile: un padre affettuoso interpretato da un perfetto Brad Pitt in versione kennediana è sposato e ha tre figli con la giovanissima Jessica Chastain, rossa e lentigginosa come Sissy Spacek, madre-fatina, perfetto angelo del focolare. Nelle loro vite assolate irrompe la tragedia della morte del secondogenito, e a partire da lì, a ritroso, scopriamo i retroscena della famiglia, dove la figura del padre si rivela essere quella di un tiranno insicuro che sfida i figli cercando di piegarli all’ubbidienza, sfogando tra le mura domestiche la frustrazione di non essere riuscito a diventare un uomo di successo e potere nel suo lavoro, pur avendo rinunciato per questo a dedicarsi alla sua originaria passione per la musica. Continua a leggere
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Piazza Raudusculana: un racconto per il 19 marzo
Un racconto pubblicato su La poesia e lo spirito e su Unonove.
I miei commenti stavolta sono in coda al brano.
Piazza Raudusculana
La madre lo aveva aiutato a preparare due valige. Una grande, e una più piccola. Nella grande c’erano anche i dizionari di italiano e latino. Macigni neri. E poi tutto l’occorrente di vestiario e cartoleria per un autunno, un inverno e una primavera in collegio, a Perugia.
Era lontanissima Perugia dalla provincia di Reggio Calabria, nel 1934. Era come andare talmente lontani che anche le facce della gente non erano più quelle. Visi e capelli strani, idioma diverso.
Un treno da prendere, a Rosarno. E bisogna cambiare, prima a Roma e poi a Orte. Ma a Roma lo viene a prendere suo fratello Vincenzo perché suo padre gli ha scritto: gli ha mandato un cartolina postale, stamattina. Che si trovi domani a Stazione Termini alle nove a prendere suo fratello Totò che viene col treno notturno, e mi raccomando puntuale. Continua a leggere
Lotto marzo 2011
Un pezzo che ho scritto al volo stasera, per celebrare l’8 marzo con un po’ di sdegno autentico. Sono riflessioni che faccio da molti anni, molte a seguito di alcuni dialoghi avuti con il regista Guido Chiesa, che mi hanno dato molti spunti importanti. Lo dedico a lui, e lo trovate su unonove e su La poesia e lo spirito.
Lotto marzo 2011
Ho molte cose da dire, sulle donne che si vendono.
Non posso farne un trattato, non ne ho le competenze socio-antropologiche, e neanche psicologiche, e non ne farò pretesa. Dirò cose lette e ascoltate, tra le più importanti quelle che mi disse una volta Guido Chiesa, che è un uomo che ama le donne e conosce il senso della loro integrità. Le mie competenze credo siano soprattutto emotive, intuitive. Con quel modo di “sapere” le cose in modo quasi inconsapevole, nascosto, che abbiamo noi donne. Lo chiamano intuito femminile, forse è anche deduzione, associazioni tra fatti. Continua a leggere
“Istantanee sbagliate”
Una narrazione per Lpels (ora anche su unonove), a cui tengo molto. Questa è vita.
Istantanee sbagliate
Questo gioco che faccio ogni tanto: penso che vorrei vedere una Polaroid di me, scattata qualche anno dopo. Una foto del futuro presa magari di corsa, sfocata, con le figure piccole ma riconoscibili, che mi sveli chi sarò diventata, con chi starò, in che luogo.
Così ogni tanto ci inciampo in queste immagini, in quelle illusorie, beffarde. Come quella del mio ultimo compleanno ad agosto, a Stoccolma: la bimba dai capelli rossi in braccio, tenuta come figlia, amata come figlia. L’avessi vista sedici anni fa quell’immagine, poco dopo il mio matrimonio, ne sarei stata felice. Mi sarei detta che bella donna che sei diventata, con il tuo marito svedese. Siete a Stoccolma, chissà se ci abitate o se siete lì solo in vacanza, ma questa è di certo la tua bambina, così uguale a lui; a te non assomiglia, ma non importa: guarda quanto è carina, guarda con che felicità la tieni in braccio, come una Madonna col bambino. E invece tuo marito è un ex, e questa figlia non è la vostra, ma la felicità di qualcun’altra; anche se la tieni in braccio e con amore, anche se lei ti vuole bene.
Quell’altra foto, vista domenica scorsa all’Ikea. Sorridevi misurando scrivanie con il metro di carta, ti grattavi una tempia leggendo se il lavaggio fosse a secco o in lavatrice. Accanto a te, con la lista degli articoli e la matitina di legno, l’uomo che hai amato più di chiunque altro, quello per cui hai saputo rivoluzionare tutto anche scoccati i quarant’anni. Continua a leggere
Una recensione di “La seduzione rudimentale” di Emilia Dagmar
Ho pubblicato su Slowcult come libro del mese, e su La poesia e lo spirito, una recensione di una breve raccolta di racconti di questa autrice italo-svedese, Emilia Dagmar, che mi ha davvero colpita… Forse dipende dal fatto che le nostre scritture un po’ si assomigliano, anche se trovi i suoi temi decisamente troppo perturbanti per me.
Comunque eccola qui:
“La seduzione rudimentale” di Emilia Dagmar, SenzaPatria Editore, € 5.00
Qualcuno mi ha riferito che uno scrittore italiano che stimo molto disse che sarebbe stato un bene sodomizzare Melissa P. con “Lolita” di Nabokov. È una storia che gira da un po’, e non so se l’abbia detto o meno, ma se l’ha fatto sarà stata solo una boutade tra amici: è una persona da sentimenti solitamente eleganti. Non sono riuscita a finire “Lolita” (e neanche “100 colpi di spazzola”, per la verità), ma ho il sospetto che se questo scrittore avesse letto “La seduzione rudimentale” di Emilia Dagmar, al suo esordio letterario con Senza Patria Editore, forse gliel’avrebbe consigliato (magari senza una cura sodomita). Perché questo romanzo breve in forma di episodi riesce a rendere letteratura l’indicibile, narrando attraverso una serie di rapporti umani filtrati nell’imbuto delle esperienze sessuali un intero mondo sentimentale al femminile. Continua a leggere
Recensione di “Gli intervistatori” di Fabio Viola per La poesia e lo spirito
Recensione del bellissimo romanzo di Fabio Viola appena uscito per Ponte alle Grazie, uscita ora per LPELS e Slowcult.
Intenso, intelligente e misterioso, questo romanzo dalla scrittura nitida e brillante pone molte più domande di quelle a cui risponde, fortunatamente. E si ha l’impressione che Fabio Viola si sia divertito a comporlo, seguendo Gli Intervistatori in domande impensate che lo trascinavano in una direzione nuova e misteriosamente perfetta all’interno di una trama che pur giocata sull’assurdo e il surreale non si disconnette mai dalla vita vera, dalla concretezza dello spessore umano a favore di quello scenico.
Ci piacciono tutte le vittime di questi intervistatori, poveri cristi rapiti e intrappolati per qualche ora, legati a una sedia o imprigionati in altro modo, seviziati se tentano la fuga, costretti a sentirsi sbattuta in faccia la propria vita, a farsi rammentare i propri errori – i drammi, le meschinità – da delle “voci” robotiche che sembrano conoscere tutto di loro ma, pur sapendolo, continuano a fare domande incalzanti e spietate, ostentando britannico aplomb. Chi sono? Cosa vogliono? Come fanno a sapere dettagli di vita così segreti, inconfessati e antichi di ciascuna delle persone che sequestrano? Il mistero di queste pagine è qui, e tiene il lettore ancorato fino alla fine della storia in un crescendo pilotato dall’antieroe Ivano, che pare più che altro un umano capitato su un pianeta diverso, un mondo delirato di uomini e donne che, messi alla corda dagli intervistatori, sembrano vivere tutti una vita ambigua ed Continua a leggere
Recensione di “Spiaggia libera tutti” di Chiara Valerio
Che piacere recensire questo libro così bello dell’immensa Chiara Valerio!
La rece è appena uscita su LPELS (ripresa anche da slowcult), eccola qui:
La Macondo di tutti i sud del mondo
“Spiaggia libera tutti” di Chiara Valerio (Laterza) è un docufilm cartaceo su Scauri, il posto dove l’autrice è nata e cresciuta: galoppata nel far-(spaghetti)-west a cui questa giovane e ipertalentuosa scrittrice dedica un canto d’amore affettuoso, letterario, letteraturoso e molto comico, ma col patetico a fil di groppo.
Scauri come Macondo, il paese sudamericano dove è ambientato “Cent’anni di solitudine” di G. G. Marquez; Scauri raccontata con una prosa a metà tra Roberto Bolaño e Jerome K. Jerome – l’autore di “Tre uomini in barca”. E come nel capolavoro di Marquez questo libro porta nello sguardo complessivo il significato di un passaggio di consegne generazionale tra padri e figli, un lascito di continuità storica, morale, emotiva e sociale tra figli e genitori, nonni, bisnonni, e quelle persone che – pur non essendo parenti – appartengono dell’anima di un luogo al punto da esprimerne contenuti condivisi tra tutti, come antichi aedi. Continua a leggere
Ancora Andrea Chimenti: recensioni di Tempesta di Fiori
Ho scritto altri due pezzi su Andrea Chimenti, uno per La poesia e lo spirito, l’altro per Slowcult e TNT. Un po’ come è stato per Altai di Wu Ming, parlare di questo sorprendente e magnifico musicista è diventato quasi un esercizio di stile per me, con l’instancabilità che da sempre contraddistingue i miei ascolti di ottima musica.
Andrea Chimenti: Tempesta di Fiori
È uscito da poco “Tempesta di Fiori”, l’ultimo album del musicista aretino che si è già meritato recensioni vibranti e sentite: come nel suo stile, il raffinatissimo Andrea Chimenti ha prodotto ancora un lavoro estremamente ricercato e all’insegna di un’orchestrazione di suoni che abbraccia strumenti classici (corde, fiati, percussioni, vibrafono, clavicembalo, accordion, per citarne alcuni) con quelli più tradizionali del rock, non ponendosi alcun limite espressivo o melodico: ogni strumento, ogni partitura, addensano la cifra emotiva e stilistica di ogni brano rendendolo unico e diverso dagli altri, efficace.
Eppure c’è un’unità stilistica molto forte in questi dodici pezzi, una risposta forse all’imperioso divieto contenuto nel titolo del suo album precedente: “Vietato morire” (2004). Vietatissimo, perché la vitalità e la rabbia gioiosa di esistere con cui “Tempesta di Fiori” contagia chi ascolta è un antidoto a ogni pessimismo e spleen, dove anche nei pezzi più cupi emerge un’energia potente, più convinta e omogenea che negli album precedenti. Continua a leggere
Una lettura di “Stella distante” di Roberto Bolaño
Online da ieri sera questa mia lettura del breve romanzo di Bolaño (il primo che leggo interamente in castigliano!), pubblicata su LPELS.
La Stella di Bolaño non è mai troppo distante
Cordiale, eppure così ispido. Di Roberto Bolaño ho letto solo questo breve romanzo, Estrella distante (Stella distante), eppure mi sembra di conoscerlo. Non solo come scrittore, ma come uomo. Se dovessi girare un film su di lui saprei perfettamente come far muovere il protagonista, quali gesti, quali tic, l’inclinazione del mento, il tono della voce, che non ho mai visto o sentito. Perché lui – che si definiva prima di tutto un lettore, e solo poi uno scrittore – in queste pagine ci mette la sua essenza, alternando una narrazione romanzesca a lunghe disquisizioni sulla poesia, soprattutto quella latino-americana, con passione feroce. Così presente a se stesso ma simultaneamente facendo sempre un ossequioso passo indietro letterario, Bolaño ha sempre chiara la sua dimensione del gusto e la profonde come fosse materia inscindibile della narrazione, mai come digressione ex cathedra. Molto della sua anima e della sua poetica si capiscono leggendo l’ultima intervista che ha rilasciato qui, un testamento di intelligenza e passione, humor e umanità. Continua a leggere
Joyce Carol Oates: la spietatezza della narrazione come unico risarcimento alla crudeltà.
Un nuovo pezzo (finalmente!) per La poesia e lo spirito dopo il lungo silenzio imposto dalla scrittura del romanzo, dedicato a J. C. Oates, che credo sia insieme a Toni Morrison la mia scrittrice preferita.
Non si è smentita J. C. Oates: al Festival Letterature di Roma 2010 ha letto un pezzo (il primo capitolo del suo nuovo romanzo in corso di scrittura) che celebra il filo rosso della sua durissima, splendida narrazione. Settantadue anni ben portati e ben vissuti, con decine di romanzi pubblicati negli Stati Uniti e tradotti in quasi ogni lingua, centinaia di racconti, e poi ancora saggi (molti sulla boxe), poesie, pièce teatrali, sceneggiature. Prolifica e grande artigiana della scrittura, la sua visione del mondo è sempre dalla parte dei deboli, a cominciare dalle donne. Non si fa incantare dalle supposte conquiste della donna occidentale e continua a procedere spedita nel denunciare abusi e soprusi vissuti ogni giorno, con un occhio femminile e femminista sul mondo, implacabile nel fotografare la società statunitense per quella che è. Continua a leggere