Occhidibra’ (da “Tutti giù all’inferno”)

Nell’antologia Tutti giù all’inferno il personaggio che lega le storie è un pazzo che ho chiamato Occhidibra' nel senso dantesco di Caronte Occhi di Bragia. Lui è proprio il mio fool, la mia bocca della verità, l’inaudito. Se lo incontrassi mi girerei dall’altra parte, farei finta che fosse trasparente, e lui lo sa. Per questo, giustamente, mi disprezza. Per questo io lo rispetto. Insomma, Caronte è un personaggio speciale, che fa delle incursioni nell'antologia. Ne ho scritte un paio io, eccole.

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OCCHIDIBRA’ – I

AHH! AHH!!!! Eccoci signori! Siete pronti per il viaggio?
Ma guarda che facce, tutti a guardarsi i piedi. Io lo so quello che pensate sapete? 41 gradi all’ombra, 45 nella metropolitana, e pure il matto ci voleva! AHH! AHH!!!! Eh sì! Eccoci signori, sono il matto, ma non abbiate paura, non si sposti signora, che perde il posto a sedere, non si sposti che non le faccio niente io sa? Sono matto ma sono innocuo, forse. Sono innocuo, purtroppo. Chi è che da fastidio? Brigatisti non ne abbiano no, sono finiti tutti, ma già nel ’77 però eh? Non penserete mica che Moretti? Ma che scherzate? Eh già! Innocuo! Continua a leggere

Sovversivo (da “Tutti giù all’inferno”)

Questo è il racconto con cui ho concluso l’antologia Tutti giù all’inferno e il manifesto del mio credo. Uno dei racconti che amo di più. Avevo bisogno di metterlo su carta, darmi una linea guida dentro per riconoscermi in qualcosa di mio e solido prima che il mio senso di disgusto nei confronti di Santa Romana Chiesa sommergesse anche l’ultimo raggio di fede acceso, spegnendolo. Vivo laicissimamente, ma questo è ciò che penso del lascito di Gesù di Nazareth.

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SOVVERSIVO

Chissà che forma avevano avuto i Suoi piedi. Se erano stati grossi o magri, con l’alluce lunghissimo o le dita pari. Com’erano state le sue guance sopra la barba, tonde o scavate? Se i peli erano folti o radi sul suo petto, se il sudore sotto la tunica di lino prudeva, come la sabbia tra le stringhe dei sandali e la pelle callosa.

La scorciatoia per il capolinea dell’autobus che arrivava ad Anagnina era un sentiero di spini e polvere dove le finte Birkenstock prese all’Upim avevano dimenticato di essere celesti. La tentazione di mettere i piedi sotto la fontanella era stata forte, ma chissà se si sarebbero asciugati in tempo per il suo ingresso negli uffici della Congregazione Vaticana del Clero. Da lì solo quarantacinque minuti per arrivare al Tempio. Continua a leggere

Pure Cristo (da “Tutti giù all’inferno”)

Mi è dispiaciuto molto non aver messo questo racconto anche nella versione libro dell’antologia Tutti giù all’inferno perché è una storia a cui tengo. Ci tengo perché anche se le persone di cui scrivo sono diverse e si muovevano in tutt’altro contesto, io questa storia l’ho vista passare sotto i miei occhi, senza farci nulla tranne che parlarne ai superiori e al sindacato. La vittima fu trovata poi un giorno nuda per strada, dai Carabinieri, da lì ricoverata e imbottita di farmaci. Ha poi lasciato il lavoro e preso 20 chili. Vive in trance, in un altro continente. Visto che di fatto non ho alzato un dito per aiutarla, le dedico questo racconto.

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PURE CRISTO

Non sono mica io, no, è lei che se la cerca. È stupida, cretina, non ci arriva, è minus habens. Inutile che Santini dica che mi devo dare una calmata, io sono calmissimo. È lei che è scema. Poveraccia, mi fa quasi pena, a volte. Quando la vedo che non sa ancora usare la fotocopiatrice è troppo, dopo due anni che l’abbiamo cambiata ancora non si ricorda da che lato mettere i fogli. Ti fa impazzire una così. Anche la Minetti ha detto che devo stare calmo, che quando in ufficio non ci sono la Survino i fogli li mette giusti e non sbaglia neanche a spedire i fax. Continua a leggere

Spiccioli (da “Tutti giù all’inferno”)

Questo è il più “antico” dei racconti che ho pensato per l’antologia Tutti giù all’inferno, la prima ispirazione che mi è venuta vedendo una giovane donna inginocchiata a chiedere l’elemosina con un santino messo dentro un piccolo contenitore di plastica, da frutti di bosco. Mi ha fatto pensare a una costruzione, a uno strumento di marketing, con cui ho curato il mio disagio.

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SPICCIOLI

Non glieli voglio dare.
No no no.
Sono tutti degli attori consumati quelli là, se ne stanno belli tranquilli poi quando intravedono il passante fanno smorfie da disperati, si fanno venire le rughe in faccia, storcono la bocca, si dondolano avanti e indietro, e attaccano con le litanie. Sporchi e cenciosi quei bambini in braccio, mi sa che li drogano per farli stare lì delle ore quasi fermi. Per terra vicino al piscio dei cani. Quelle braccette di bambino tutte sporche, con il grigio che fa le striature, le magliette bucate. Che bisogna fare, levargli i bambini?
Le donne le costringono quelli, se arrivano a casa senza soldi le picchiano quei bastardi, picchiano anche i bambini.
No no no. Continua a leggere

Fuori strada (da “Tutti giù all’inferno”)

Questo è uno dei racconti che ho pubblicato nell’antologia Tutti giù all’inferno e affronta un tema che mi affascina e inquieta molto: assassini per colpa, sì, ma veniale: più che altro per fatalità, per scherzo crudele del caso. Fa il paio con un altro racconto sullo stesso tema "Era un cane", uscito su Accattone, che però ha ancora meno redenzione tra le righe.

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FUORI STRADA

Pronto? Pronto? Amore ciao! Sì ora ti sento, tu mi senti? No è che stavo entrando adesso in metropolitana con un collega, aspetta che lo saluto…
Maurizio scendi intanto tu nel forno crematorio eh eh, io semmai ti raggiungo sotto va bene? Ma no figurati vai pure, ci vediamo domani, al limite, OK? Ciao, sì, ciao! A domani eh? E stai su, va bene?
Amore, ci sei? No aspetta che ti voglio dire ‘sta cosa, non sai che storia che m’ha appena raccontato Maurizio. Ma no, parlo piano perché ho paura che mi senta, aspetta un attimo, ecco adesso ha girato la rampa delle scale… No, non quel Maurizio, quello è del secondo piano, questo è Maurizio Bertoli, c’hai presente? Quello di Grottaferrata, con la moglie ricca, dài, quello che fino all’anno scorso girava in Porsche Cayenne, che poi se l’è venduto e tutti dicevano che la moglie gli aveva tagliato i cordoni perché andava a mignotte, ti ricordi? Sì bravo, proprio quello, che da un annetto ogni tanto me lo ritrovo in metro e non dice mai una parola, che t’avevo detto che mi dava l’angoscia perché mi pareva malato, sì quello! Continua a leggere

Quattro minuti (da “Tutti giù all’inferno”)

Questo è uno dei racconti che ho pubblicato nell’antologia Tutti giù all’inferno e prende ispirazione da WM1, facendo riferimento a un suo pezzo letto su una mail di Giap qualche anno fa. Si parlava del carcere dell’Asinara e del fatto che ai condannati venissero dati solo quattro minuti per fare la doccia, anche se WM1 dice che il testo più esaustivo sull’argomento si trova qui.
Sono le riflessioni e i pensieri ossessivi e un po' bui di un giudice in pensione durante un bollente viaggio in una metropolitana senza aria condizionata.

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QUATTRO MINUTI

Vent’anni oggi. Già vent’anni, ma ieri, sembra ieri. Il viso non me lo ricordo più ma lo sguardo lo riconoscerei anche adesso, mi viene a guardare, la notte. È lunga la notte dei giudici in pensione. Me l’aveva detto Marcucci, i giudici in pensione pensano troppo, hanno troppi ricordi e poco sonno, e Simenon l’ho finito tutto da un pezzo. Questo caldo infernale, farà così caldo all’Asinara? Solo quattro minuti per la doccia. Continua a leggere