L’Italia più meschina, quella “Per il bene di tutti”, nuovo romanzo di Giulia Fazzi

fazzi per il beneInorridente tutta questa spietatezza. Eppure – o forse per questo − così familiare, già vista strisciare, vissuta in qualche bar di una qualche provincia del mondo, in qualche Nord da cui provenivano da Sud, estranei e risputati. Isolamento, emarginazione. Quale che sia la causa: depressione, povertà, deformità, difformità – l’emarginazione un noi minuscolo e un Loro maiuscolo; una minoranza e una Maggioranza, un Gruppo, un Clan, una Gens oppure semplicemente, ancestralmente, un Branco.
Giulia Fazzi la violenza sulla donna la sa raccontare come l’avesse vissuta sulla sua pelle. Lo ha già fatto con intensità e forza nel suo primo romanzo, “Ferita di guerra”, passato un po’ inosservato in Italia nonostante abbia meritato la pubblicazione in Francia con il prestigioso editore Gallimard − romanzo che prima o poi qualche grande editore dovrà ripubblicare.
Ma rispetto alla storia individuale di “Ferita di guerra”, questo è un romanzo più corale, con una declinazione di ogni possibilità di femminile, dalla giovane alla vecchia, dalla bella alla orribile. Donne diverse tra loro ma con una bussola comune che non è però quella del femminile, ma quella del disagio, dell’abbandono, del rifiuto.
Tutto si svolge in un piccolo paese dell’Appennino Emiliano, uno di quei luoghi senza personalità che non sia quella dei suoi cittadini: le loro abitudini, i loro tic. Posti che sarebbero sonnacchiosi, fino a quando interviene un elemento anomalo, un’increspatura sulla superficie dell’acqua, seminando il bisogno di guardare, vegliare, piegarsi sugli altri. Il paese ritrova se stesso al cospetto di chi esce dai binari, e ci si accanisce. E da sonnacchioso si fa violento branco, persecuzione. Ma in modo gelatinoso. Mani e sassi raramente si vedono insieme, tutto è Tradimento.
Il romanzo parte lento, quasi immobile, bisogna lasciare che le parole ben scelte e calme di Giulia Fazzi lo cesellino raccapricciate questo piccolo mondo, lo schifino come gatto che scrolli una zampa bagnata; ma lo restituiscono poi fino in fondo, senza paura di niente. E la sensazione di ingiusto orrore resta addosso a lungo. Un romanzo poco italiano; asciutto, cattivo. Coi cattivi ma in special modo con i finti buoni e con gli inerti. C’è tanta brutta Italia in queste pagine, ed è un male se non ce ne accorgiamo, perché vuol dire che ci siamo assuefatti.

Giulia Fazzi, “Per il bene di tutti”, Il Saggiatore, 2014, 150 pp., € 14.00

Tu, quore
La poesia e lo spirito

Silvia Bolognesi Almond Tree: “Il mandorlo” è un albero pieno di buoni frutti

Un quartetto piuttosto inusuale ma forse per questo ancora più interessante, e meritorio, quello chiamato dalla talentuosissima contrabbassista Silvia Bolognesi per il suo CD “Il mandorlo”. Trombone e vibrafono (con occasionale clarinetto), contrabbasso e batteria interagiscono tra loro in modo equilibrato, e il bilanciamento degli strumenti nella composizione è –insieme a ritmi e melodie interessanti– una delle forti cifre della musicista toscana, che pur potendoselo permettere raramente punta il riflettore su se stessa, lasciando invece dialogare i musicisti e facendo crescere la musica, a cui rende giustizia un ottimo mix/master eseguito da Antonio Castiello.

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Daniel Karlsson Trio al Fashing di Stoccolma

Grandissime aspettative per questo quasi debut-live del trio del pianista Daniel Karlsson, il più legittimo erede di Esbjörn Svensson del panorama jazz scandinavo. Sentieri musicali spesso paralleli tra loro, con la forza di Karlsson più frequentemente incastonata in formazione con altri musicisti piuttosto che solista; a cominciare da Oddjob, band tra le più innovative e dirompenti del jazz nordico, che proprio la sera di questo concerto si aggiudicava il suo secondo Grammy Award svedese con l’ultimo album, Jazzoo.
Le aspettative sono state puntualmente saldate, anzi rispetto all’album Das Taxibåt (di cui ci siamo occupati qui) nel live oltre alla conferma della potenza pianistica e improvvisativa di Karlsson si è potuto anche apprezzare una sensazione di intensa e allegra complicità tra i tre musicisti, con il contrabbassista Kristian Lind che rispetto al CD ha trasmesso più potenza e un talento esecutivo veramente ispirato. Fredrik Rundqvist alla batteria ha strappato applausi entusiasti per un paio di assoli trascinanti e originali, il che non è semplice quando si ha a che fare con un talento così già di suo percussivo, scandito e ritmico come quello di Karlsson.

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JK3 ovvero Jacob Karlzon Trio: il meglio del crossover contemporaneo in scena a Essen

Concerto sold out per il trio di più alta levatura crossover in circolazione: a prescindere da qualsiasi gusto personale sulla musica, questi tre signori la sanno veramente suonare con elegante perfezione, raggiungendo una strana a definirsi “semplicità complessa”. Non si inciampa mai in nulla che assomigli a un compiacimento virtuoso nella dinamica del trio, tutto sembra piuttosto un meraviglioso gioco di complicità fraterna fra tre giganti che suonano con lo stesso ingenuo entusiasmo di tre pischelli cantinari. Senza aver mai sentito un concerto di JK3 con il batterista precedente, Jonas Holgersson, non si ha quindi per fortuna modo di fare dei paragoni, ma il giovane Ikiz (turco naturalizzato svedese) è un fenomeno, un istigatore puro, con davvero un paio di marce in più sulla media: trasformismo e groove. E comunque è solo l’anagrafe che mente sugli altri due.
Jacob Karlzon è un pianista eccelso ma “della porta accanto”: umile, simpatico, emotivo. Fa diverse dichiarazioni d’affetto ai suoi compagni durante il concerto, arrivando a dire che vorrebbe venissero abolite le feste di Natale e Capodanno che li tengono lontani, e in effetti i tre si guardano quasi sempre negli occhi, si sorridono, ammiccano, si cercano durante gli assoli come stessero facendo l’amore. Deliziosi giocolieri col sorriso.

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La migliore Svezia filmica al Nordic Film Festival di Roma 2014

vi horizontalSi è da poco conclusa la nuova edizione del Nordic Film Festival di Roma, manifestazione organizzata dalle cinque nazioni scandinave (Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia e Islanda) per accorciare le ormai comunque brevi distanze tra Italia e Nord Europa. Una vera manna per cinefili raffinati, che anche per quest’anno  hanno affollato la Casa del Cinema di Roma spesso non riuscendo a guadagnare uno dei posti di ingresso, peraltro sempre gratuiti – in questo senso, varrebbe forse la pensa di ripensare alla struttura del festival, cercando di distribuirlo su più sale. Il merito del tutto esaurito è da attribuire a una produzione filmica molto varia, di grandissima qualità, e ben ragionata e articolata dalle rappresentanze delle nazioni ospitanti. Curatissima la selezione: si può andare a una proiezione senza avere neanche idea di quale sia il film in programma.

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Un film che invece abbiamo visto: “Piccola Patria” di Alessandro Rossetto

Christian Raimo, uno dei migliori intellettuali in circolazione, ha lanciato quasi un guanto di sfida su questo film, scrivendo un pezzo per Minima&Moralia dal titolo “Un film che probabilmente non vedrete”, facendone ipso facto un dovere quasi etico. Ieri sera, al Cinema Aquila di Roma Pigneto, proiezione speciale con regista (Alessandro Rossetto) e parte del cast, sperando che dopo gli sgambetti della distribuzione – nonostante la buona accoglienza allo scorso festival di Venezia – questo film possa trovare il suo (giusto) pubblico.

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Magnus Öström live a Istanbul, energia bollente e liquida

Concerto al Salon İKSV, Istanbul, Turchia, 18 gennaio 2014

Concerto sold out per una città dove il jazz davvero pulsa come in pochi altri luoghi europei e mondiali, una scena da tenere bene d’occhio e che si guarda avidamente intorno. La Turchia è affamata di musica di qualità e innovativa, e chi la ama spesso è incredibilmente giovane rispetto ad altri paesi: mai visti così tanti ragazzi e ragazze a un concerto jazz, mai. E qui Magnus Öström è più che di casa: tutto ciò che è legato all’Esbjörn Svensson Trio gode di un culto amorevole e caldo. “Amorevole” non è un aggettivo scelto a caso, perché è diverso da “adorante”: il distacco tra pubblico e palco è minuscolo, e l’energia bollente  e liquida  che è caduta copiosa in platea ha suscitato grida, applausi, singhiozzi e sospiri che nessuno sentiva il bisogno di trattenere. Mai fatto esperienza di nulla di simile, a un concerto jazz.

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Marius Neset, sassofonista norvegese rivelazione, incanta con i suoi Birds

Penso che l’unico affiancamento possibile tra i due sassofonisti norvegesi Marius Neset e Jan Garbarek sia la copertina vermiglia del loro passaporto. E sia detto con pieno e identico rispetto e apprezzamento di entrambi. Le lame di ghiaccio di Garbarek sono distanti dal fuoco terragno e quasi latino di questo giovane vulcanico compositore, nonché straordinario sassofonista (tenore e soprano), che consegna il suo terzo album, “Birds” a soli 28 anni.
Un lavoro avviluppante, con frequentissimi cambi di ritmo, ispirazione, una composizione a tratti disorganica e furibonda, come fosse davvero difficile per Neset contenersi entro questa acqua in ebollizione e dovesse continuamente cambiare rotta, come un bimbo affetto da ADHD seduto a un banco di scuola. Molto difficile se non impossibile annoiarsi o distrarsi: questo è un album che chiede concentrazione anche per la varietà di strumenti scelti da Neset per le composizioni in aggiunta alla sua solida band scandinavo-britannica con Anton Eger (NO) alla batteria – e coautore di due brani – Ivo Neame (UK) al piano, Jasper Høiby (DK) al contrabbasso (convogliati nel gruppo di Høiby, “Phronesis”, a cui mi dedicherò presto), e infine Jim Hart (UK) a un sorprendente vibrafono.

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Daniel Karlsson Trio, Das Taxibåt: il talento compatto di un grande pianista

Autorevole, ispirato, virtuoso, di piglio. Un album firmato finalmente con nome e cognome dopo una carriera lunga e luminosa nel jazz scandinavo che conta: da Oddjob, una delle band scandinave più innovative dell’ultimo decennio, alla collaborazione con Magnus Öström (Esbjörn Svensson Trio) per lo strepitoso album “Searching for Jupiter” [di cui abbiamo parlato qui]. La carriera di Karlsson comincia prestissimo, e prima di compiere 30 anni ha già vinto il Grammy svedese con l’album d’esordio di Oddjob, e due anni dopo il “Nobel” della musica aggiudicandosi lo “Swedish Jazz Musician of the Year Award” con il quale finanzia il suo primo lavoro solista, presentato con il nome di Pan-Pan. Prima e dopo, nessuna interruzione per la sua carriera, spesa in decine di altri progetti con star tanto del mondo scandinavo quanto internazionale, come Nils Landgren, Ernie Watts, Peter Erskine e Till Brönner.

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