“Cento micron” di Marta Baiocchi

Sono felicissima di questa uscita di Marta Baiocchi, una scrittrice eccezionale che sono orgogliosa di aver proposto per questa meritatissima pubblicazione con Miminum Fax. Questo romanzo è proprio bello, leggetelo. Questa la mia recensione:

Forse è nel color crema – che spesso ricorre tra le pagine di questo splendido romanzo – che troviamo una chiave di lettura: il bianco non è puro, ma sporcato. La pulizia, se c’è, è solo facciata, una stuccatura che non regge lo scrutinio di un secondo sguardo. Meno onesta persino dello sporco muffito e polveroso dei locali dove la protagonista Eva, quasi quarantenne ricercatrice di un Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma, lavora tentando caparbiamente di produrre risultati scientifici di rilevanza internazionale pur nell’abbandono tecnologico e architettonico in cui versa l’istituzione. Per contrasto, la sua amica vecchia Bibi, pariolina ricchissima e viziata, vive in un mondo quasi rarefatto per la sua distanza da quello reale. Un mondo tenue e color crema, in cui l’unico sudore è quello che si lascia sul tappetino di una palestra.
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“Roma – L’impero del crimine”, di Yari Selvetella

“Roma – L’impero del crimine”, di Yari Selvetella, Newton Compton Editori

Il segreto di questo autore risiede di certo in molti fattori, di cui l’appeal del tema è solo uno, e non il maggiore: certamente “Roma” e “crimine” sono due ingredienti importanti della sua ricetta, ma sarebbe una ricetta banale, servita e assaggiata talmente spesso da essere ormai insipida, da sola.
Ritengo invece che il successo di vendita dei libri di Selvetella abbia origine da altro. Prima di tutto dalla sua penna: una scrittura originale, una voce di personalità forte che si esprime su vari registri, dal giornalistico all’ironico, dallo storicistico all’elegiaco. E proprio su quest’ultimo vorrei soffermarmi: ci sono alcune pagine, soprattutto quelle dei capitoli in corsivo in cui l’autore entra più nell’espressione di un’opinione personale, un taglio critico, una visione dal suo sguardo, che sono davvero di grandissima letteratura. Così vicine per intensità e anima al migliore Pasolini, alla sua capacità letteraria mai scevra da una potenza espressiva che pare dettata in primo luogo dalla partecipazione umana, densa, alla materia raccontata.
In effetti Selvetella sta a Roma come Saviano è stato, in Gomorra, a Napoli. La stessa chiarezza di sguardo, la stessa conoscenza minuziosa della città, dei suoi pregi e difetti, la sua bellezza, a volte un po’ decadente, ma soprattutto la sua bruttezza. Roma qui c’è tutta, senza censure. Continua a leggere

Recensione di Corde Oblique: A hail of bitter almonds

Una recensione che entra giusta giusta nel 2012 per un album molto bello, che vi consiglio…
Naturalmente per SlowCult.

La critica ha parlato davvero bene di questo cd, l’ultimo della produzione di Riccardo Prencipe e le sue Corde Oblique, ed era tempo che anche Slowcult se ne occupasse con un ascolto approfondito. E meritato, diciamolo subito, ché A hail of bitter almonds è di certo un prodotto di grande talento e raffinatezza musicale. Prencipe è alla sua sesta prova, nonostante la sua giovane età, la quarta con Corde Oblique dopo aver inciso i suoi due primi cd con il gruppo Lupercalia già nel 2000 e nel 2004. Partenopeo e coltissimo (storico dell’arte), il Maestro Prencipe cura l’aspetto compositivo dalla musica ai testi, passando per gli arrangiamenti e per la scelta dei collaboratori che contribuiscono a dare suoni molto particolari e riconoscibili alla sua musica, e momenti molto originali come il flauto di pan suonato sulla sesta traccia, Slide. Continua a leggere

SlowFesta d’autunno – Ke Nako, Roma, 27 novembre 2011

Anche quest’anno SlowCult, il sito per cui scrivo recensioni, si appresta a festeggiare un altro anno di vita, e alé!!

Anche quest’anno la festa è nutritissima di musica, letteratura e arte, tra cui le foto di Antonio Coppola di cui ho scritto qui sotto.

Quest’anno ci sarò anche io, per la parte di letteratura, prima di tutto a presentare il libro “Roma – L’impero del crimine” (Newton Compton) dell’immenso Yari Selvetella, che vi consiglio con tutto il cuore. A presto la mia recensione!
E poi a leggere alcune cose uscite su unonove. Per il reading con me anche Margi de Filpo e Andrea Chimenti, che si è molto generosamente prestato sia per la lettura che per l’accompagnamento musicale al pianoforte, per il quale saranno presenti anche Pier Luigi Zanzi a basso e voce, e Gianni Nicolai a chitarra e pianoforte.

Sarà molto bello e tutto ciò avverrà al Ke Nako, a Roma, a via dei Piceni 22, partire dalle 19.00. La parte letteratura sarà dalle 19.00 alle 20.30 circa. Occhio al programma comunque, ci sono cose splendide a seguire!

Antonio Coppola, compositore fotografico

Le immagini fotografiche di Antonio Coppola mi hanno colpito moltissimo, e mi sono sentita veramente onorata quando mi ha chiesto di scriverne una presentazione. Per l’annuale festa di SlowCult l’ho invitato a esporre le sue foto, e sono intanto molto felice di condividere il mio pezzo qui, uscito sia su SlowCult che su unonove. Andate a entrambi i link per vedere foto diverse ;o)
Per pubblicare qui il pezzo ho scelto questa. Per tutte le immagini ho scritto delle didascalie, e questa è una delle mie preferite.

Stanno per salire a giocare le ultime sirene rimaste,
sorridono dietro piccoli dorsi di mano.

 

“N’atu munn” di Antonio Coppola, compositore fotografico.

Portare il mare dove non c’è più.

“N’atu munn”.

Oppure:

“Nat’u munn”?

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“Arrietty” la fine del mondo secondo Miyazaki

Recensione per SlowCult

Hayao Miyazaki è forse il più grande creatore giapponese di cartoni animati, da Heidi a Lupin, da La città incantata a Il castello errante di Howl, per citarne pochissimi, ed è anche il fondatore di una casa di produzione fondamentale per l’animazione giapponese: lo Studio Ghibli. Dalla sua factory emerge qui per la prima volta alla regia un collaboratore prezioso e disegnatore delle sue cose migliori (come appunto La città incantata), Hiromasa Yonebayashi – che non ha fatto rimpiangere il Maestro, autore comunque della sceneggiatura di questa piccola perla per adulti e ragazzi.

I temi infatti sono quelli da sempre al centro di Miyazaki: la natura, l’utilizzo delle risorse, la bruttezza del cinismo del mondo adulto incapace di rispettare la poesia del pianeta.

La fabula si ispira a un libro per ragazzi (tradotto in italiano con il titolo “Gli sgraffignoli”, in inglese “The borrowers”) dell’autrice britannica Mary Norton. È la storia di una famiglia di gnomi che vive nelle fondamenta della villa di una famiglia giapponese alla periferia di Tokyo. Continua a leggere

Recensione a “Il nome giusto” di Sergio Garufi

Sincero, dolente, affettuoso, scoperto. L’esordio romanzesco di Sergio Garufi, blogger garbato e erudito, uno dei maggiori conoscitori di Borges in Italia, è un obiettivo centrato in pieno, emanativo di cultura e sentimento, in equilibrio tra passione e cesello, soprattutto linguistico. Una prosa simile a quella dei talenti italiani recenti, come Lagioia e Desiati, che si àncora certamente di più alla tradizione del dopoguerra come Bassani, Buzzati, Flaiano, ma anche l’Ugo Pirro autobiografico di “Solo un nome nei titoli di testa”, e soprattutto il magnifico Bianciardi de “La vita agra”, piuttosto che cercare di imitare una prosa moderna con artifici stilistici a effetto. Per quanto Garufi utilizzi glosse infrequenti a costo di apparire eccessivamente ricercato, è raro che le ostenti fino in fondo: le stempera di umiltà nel magma testuale fino a rasentare la autoumiliazione. È questo bilico che rende le sue pagine così larghe e persino eroiche, in alcuni momenti, ma al contempo così umane, commoventi e oneste.
Garufi racconta se stesso come fa da sempre nel suo blog, usando qui l’espediente romanzesco del morto che fa da io narrante, cucendo la trama della sua vita attraverso quella delle persone/personae che acquistano i suoi libri presso un venditore di volumi usati, Lino, con il quale condivide un pacato e rassegnato senso di fallimento di vita. Continua a leggere

Lezioni di vita, e anche di tango – Anna Mallamo, manginobrioches

Ogni volta che la nomino un amico di Reggio Calabria che mi è molto caro  mi dice “Messina non esiste”, con quel razzismo della campana che noi italiani ci trasciniamo dietro da medievali generazioni. Credo abbia ragione, però. Anna Mallamo,  Manginobrioches, re(g)gina prestata a Messina, teorizzatrice e praticante del modello politico del Matriarcato Calabrese, nella sua vita precedente era un distico elegiaco. In questa, è un tango. Un tango scrivente. Pura sensualità di parola, strazio e predominanza di femmina, non può che scrivere Anna Mallamo, solo logos brivido e sogno. Non importa sapere altro di Manginobrioches, lei è tutta qui nelle sue pagine, nel suo essere tango e argentina magnagreca, nelle sue milonghe messinesi che non ci sono, a destra di molte stelle. Quindi ha ragione il mio amico reggino: Messina non esiste, e Anna Mallamo ne canta l’evanescenza, la polvere brumosa che si allunga nello Stretto che lei unifica piantando un tacco su Scilla e l’altro su Cariddi, sapiente e utile come mai un ponte. Questo libro racconta tutto ciò che è indispensabile che la nostra anima sappia a proposito del tango, e della vita, se è per questo. Ne è propedeutico all’iniziazione: fa vibrare i tacchi che non portiamo e svolazzare i vestitini scollati e leggiadri che non abbiamo ancora osato acquistare. Ma lo faremo. Ah, se lo faremo. Continua a leggere

Recensione di Elisabeth, romanzo di Paolo Sortino

Nel suo saggio Das Unheimliche [Il perturbante, 1919] Freud teorizza che “Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare.”. Il titolo di questo saggio letteralmente significa “Il non-familiare”, laddove heimlich deriva dalla radice della parola tedesca “casa” (heim), che però come avverbio significa “di nascosto”, “in segreto”. Stessa cosa nello svedese, dove si va oltre: i due aggettivi derivati dalla stessa radice (hem) sono hemlig, che significa appunto “segreto”, e hemsk che vuol dire “orrendo/terribile”, ed è usato per esprimere il massimo grado dell’insopportabilità di qualcosa. Nell’inconscia percezione linguistica germanica, a quanto pare, nel familiare si annida l’occulto, l’inconfessabile, il mostruoso. Così in questo romanzo – teoricamente impossibile da leggere – che prende spunto da una storia vera che abbiamo letto in cronaca e che abbiamo cercato collettivamente di rimuovere, il più in fretta possibile: la storia di Elisabeth Fritzl, giovane austriaca segregata dal padre in un bunker segreto sotto casa per 24 anni, durante i quali è stata violentata, torturata, malmenata e vessata sotto ogni aspetto, dando alla luce ben 7 figli prodotti incestuosamente. Un parossismo di orrifica indicibilità che Paolo Sortino – neanche trent’anni ma un talento vero nelle mani – è riuscito a maneggiare in maniera quasi inesplicabile ovvero utilizzando le stesse tecniche che l’uomo usa dalla sua genesi cioè raccontandolo, creandone una fabula/favola, un mito tragico. Questo romanzo sarebbe illeggibile se non fosse una storia vera, sarebbe intollerabile. Ma lo è, e l’unico modo per sopportarlo, per subirne la catarsi, è leggerlo per intero, arrivare alla fine. Continua a leggere

Recensione del romanzo di Emilia Zazza

“Si sta facendo notte” di Emilia Zazza

Un romanzo breve ma densissimo: la prima prova di Emilia Zazza non è affatto timida ma assertiva, e tocca temi grandi e forti, che fanno pensare. C’è un quartiere di Roma, che i romani riconosceranno essere  il Pigneto, zona ex proletaria che ora vira verso il radical chic, perdendo la sua anima popolare (“Un parco a tema. Questo ne faranno”). C’è l’anima popolare che si perde da sola nel conflitto con i migranti, gli “ex-noi” che forse vogliamo dimenticare di essere stati; c’è il conflitto e la distanza delle generazioni, i buoni e i buonisti, i “giovani” che intuiscono quale sarebbe la direzione giusta, ma non sempre riescono a prenderla, storditi dall’iperstimolazione di modelli mediatici; c’è l’amicizia tra loro, la forza che tende l’arco di quegli incontri, quella che tutto riscatta, alla fine, con la Maggica a fare da cemento e collante. Pino, Mustafà e il Moretto sono ragazzi veri, che se giri per le strade del Pigneto incontri a ogni angolo. C’è il desiderio di andare via da lì, come se il quartiere portasse dentro una condanna: “Chi restava sapeva che tra male e bene non c’era differenza, non in quei posti. Tra il male e il bene c’era solo il caso.”. Il quartiere di Don Camillo e di Peppone dove i ragazzi scelgono lo scoutismo o il centro sociale.

La storia si dipana in immagini che, soprattutto all’inizio, di capoverso in capoverso alternano il presente al passato, cucendo insieme trame, famiglie, anime: capoversi corali come storie ascoltate per strada, quasi rubate con le orecchie, Continua a leggere