“Abbandono”, un nuovo articolo per La poesia e lo spirito

Sono consapevole che questo post che ho appena pubblicato su "La poesia e lo spirito" non piacerà molto. Tuttavia, l'ho scritto perché è ciò che sento oggi, domani e per sempre, e volevo scriverlo da tempo.

2015-06-27 16.22.37-2

Penso a uno qualunque dei terroristi che si è fatto saltare ieri sera a Parigi. Penso alla sua sorpresa (forse non grandissima) nel non trovare le 72 vergini ma solo altre anime non più sofferenti – quelle delle persone che aveva appena ucciso con il suo gesto. Anime non più sofferenti tutte, anche la sua, dopo quel dolore acuto e straziante di aver ammazzato, odiato e poi ammazzato, altre persone. Penso al suo momento di rimorso, a quel taglio molto più forte dell’esplosione che lo ha dilaniato, a quello strappo finalmente del vero, del velo.
Penso alla sua nascita, alla sua infanzia, ai genitori o ai loro surrogati che non lo hanno saputo accogliere e amare, che lo hanno ignorato e disprezzato, trattato con brutalità, picchiato, punito. Offrendogli solo una scuola di odio per se stesso.

Continua a leggere

“Il racconto dei racconti”: Garrone iperrealista.

In questo periodo ho chiuso un cortometraggio e sto finendo di montare un documentario: ciò si traduce in 12-14 ore al giorno di lavoro festivi compresi: realisticamente, non riuscirò mai a trovare il tempo per scrivere una delle mie ragionate recensioni sul suo ultimo splendido film. A malincuore, perché so già che anche qui avrei bisogno di toccare mille aspetti, dagli impianti mitologici antichi e la tragedia greca con i suoi archetipi, fino alla tradizione recente della fiaba, per concludere con le religioni: non solo il panteismo olimpico e la ybris umana dell’imitarlo, ma le molte declinazioni dei Sette Vizi Capitali.

Continua a leggere

Il Nordic Film Fest 2015

nordic film 2015Si è appena conclusa la quarta edizione del Nordic Film Fest della capitale -appuntamento sempre più imperdibile e seguitissimo dal pubblico romano- organizzato e presentato da Antonio Flamini di Itale20 con la consueta sensibilità, intelligenza e perizia di ogni anno, insieme alle 5 ambasciate nordiche (Danimarca Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia) e il Circolo Scandinavo, curato dall'ottimo Ingo Arnason, islandese. Tantissime pellicole per un totale di cinquanta ore di proiezioni: sarebbe stato impossibile vederle tutte in un lasso di tre giorni, ma sono riuscita a godere di ben sei ottimi lungometraggi.

Continua a leggere

Ingrid Bergman, una donna libera

Da poco inaugurata una mostra dedicata alla grandissima attrice svedese, allestita al primo piano della Casa del Cinema di Roma, dove resterà aperta −con ingresso gratuito− fino al 23 maggio 2015. Due sale allestite in collaborazione con il Nordic Film Fest, che apre i battenti domani, dall’associazione Culturale Santa Marinella Viva, che ha curato una sala con 30 scatti di vita personale dell’attrice nella sua villa di Santa Marinella, e 62 immagini dei personaggi portati da lei al cinema o in teatro, a cura del giornalista Rosario Tronnolone.

Continua a leggere

“Diva futura” di Fabio Viola

Straniamento è un sostantivo che ha spesso ragione di essere usato per circostanziare le narrazioni di Fabio Viola. Estraneo e poco comprensibile il mondo descritto, a linciare una realtà troppo banale, deludente. Ma stavolta Viola ci ha tenuti con i piedi su questa terra meschina e meneghina, che dissimula il suo essere provinciale fingendo eterna assenza di sorpresa e coolness (digitando questo vocabolo su Google il primo suggerimento è “coolness Milano”), cercando riparo dalla paura della noia, del nulla, attraverso un atteggiamento di «nichilismo addomesticato e ottimista». Temi che ricorrono dal suo primo romanzo (“Gli intervistatori”), ma che qui sono giocati meno sul filo dell’assurdo e dell’alienante per restare invece ancorati a un qualche senso di concretezza più reale. Forse proprio per questo più dolorosi, desolanti. Lontano dall’ambientazione nipponica di “Sparire”, questo romanzo che si svolge tra Roma e Milano è raccontato dal “solito” io narrante romano, che in questo caso è sia innamorato del Giappone che di una giapponese, Maki, la “Diva Futura”, sua compagna di vita.

Continua a leggere

Il Nolan più convenzionale ma sempre emozionante di “Interstellar”

Forse nessuno degli amanti del regista contemporaneo più cerebrale in circolazione ritiene che Interstellar sia la sua migliore pellicola. Anzi, molti dei suoi estimatori si sono dichiarati delusi. Forse perché gli “omaggi” a Tarkovski e a Kubrik sono troppo evidenti, fino a diventare delle citazioni o contro-citazioni, o forse perché, al di là della complessità dell’idea dei wormholes, o della legge gravitazionale, troppe cose sono alla fine “spiegate”, e a volte il formato è quello da famiglia felice americana, soprattutto all’inizio, dove alcuni dialoghi ingenui e paternalisti, a volte un po’ stucchevoli, rendono il film troppo spielberghiano (regista per il quale era stato inizialmente pensato il film): che non è ciò che gli amanti di Nolan cercano. E i più affezionati o i più puntigliosi hanno notato qualche incoerenza di sceneggiatura, sì, anche qualche errore sul piano scientifico, che ha tolto il piacere della perfezione di congegno goduta altrove, per questo regista. E il concetto più importante, e molto nolaniano, dell’amor vincit omnia, per taluni è stata una scorciatoia.

Continua a leggere

“Voi non siete qui”, il nuovo romanzo di Guglielmo Pispisa

Il piano era questo: avendo letto il romanzo già in bozza, avrei dato una veloce occhiata al pdf di stampa, tanto per rinfrescarmi i passaggi di trama e i nomi dei personaggi. Ma leggere a video non mi garba, quindi ho ripreso la stampa della bozza, con la scusa che avrei fatto prima a sfogliarla. Così, sfogliarla, mi ero ripromessa. Alla quarta pagina ho capito non sarei riuscita, ché ogni riga bastarda era come la torta di Lewis Carroll su cui era scritto “leggimi”.
«Io non sono Veronelli, ma ogni volta che mi mostra orgoglioso una delle sue bottiglie da 6 euro, di case vinicole dai nomi finto araldici, mi viene da ridere, e anche una certa tenerezza. Quando lo assaggiamo – e puntualmente si rivela un vino mediocre che non vale la metà della pur bassa cifra che è stato pagato – io mi spertico in lodi al bouquet e all’equilibrio della struttura e pacche sulle spalle, sapendo di farlo contento. Di modo che alla fine, oltre a essermi dimostrato ipocrita, presuntuoso e superbo, posso dire di essere stato anche paternalista e falso. Si preannuncia un buon sabato.»

Continua a leggere

Yuri, il primo romanzo del musicista Andrea Chimenti

Un esordio narrativo molto convincente per un compositore e cantante con alle spalle (e davanti a sé!) una lunghissima carriera nell’area più raffinata della musica cantautoriale indipendente italiana, un romanzo che per certi aspetti sorprende, con una trama avvincente che trascina senza usare meccanismi troppo semplicistici della costruzione della fabula. Anzi, Andrea Chimenti si prende un rischio non piccolo (cosa che del resto fa da sempre anche in campo musicale) scrivendo un romanzo che ben prima del successo della seria televisiva “Trono di spade” lambisce − in una delle due storie che scorrono parallele nel romanzo – elementi ascrivibili al genere fantasy, esponendosi così a un possibile disdegno aprioristico di questo lavoro. Ma, proprio come per la serie, l’utilizzo di personaggi e situazioni di quel mondo è soprattutto funzionale al comunicare alcuni archetipi e contenuti di bene e male, a comporre una complessità psichica di ciascun personaggio.

Continua a leggere

L’Italia più meschina, quella “Per il bene di tutti”, nuovo romanzo di Giulia Fazzi

fazzi per il beneInorridente tutta questa spietatezza. Eppure – o forse per questo − così familiare, già vista strisciare, vissuta in qualche bar di una qualche provincia del mondo, in qualche Nord da cui provenivano da Sud, estranei e risputati. Isolamento, emarginazione. Quale che sia la causa: depressione, povertà, deformità, difformità – l’emarginazione un noi minuscolo e un Loro maiuscolo; una minoranza e una Maggioranza, un Gruppo, un Clan, una Gens oppure semplicemente, ancestralmente, un Branco.
Giulia Fazzi la violenza sulla donna la sa raccontare come l’avesse vissuta sulla sua pelle. Lo ha già fatto con intensità e forza nel suo primo romanzo, “Ferita di guerra”, passato un po’ inosservato in Italia nonostante abbia meritato la pubblicazione in Francia con il prestigioso editore Gallimard − romanzo che prima o poi qualche grande editore dovrà ripubblicare.
Ma rispetto alla storia individuale di “Ferita di guerra”, questo è un romanzo più corale, con una declinazione di ogni possibilità di femminile, dalla giovane alla vecchia, dalla bella alla orribile. Donne diverse tra loro ma con una bussola comune che non è però quella del femminile, ma quella del disagio, dell’abbandono, del rifiuto.
Tutto si svolge in un piccolo paese dell’Appennino Emiliano, uno di quei luoghi senza personalità che non sia quella dei suoi cittadini: le loro abitudini, i loro tic. Posti che sarebbero sonnacchiosi, fino a quando interviene un elemento anomalo, un’increspatura sulla superficie dell’acqua, seminando il bisogno di guardare, vegliare, piegarsi sugli altri. Il paese ritrova se stesso al cospetto di chi esce dai binari, e ci si accanisce. E da sonnacchioso si fa violento branco, persecuzione. Ma in modo gelatinoso. Mani e sassi raramente si vedono insieme, tutto è Tradimento.
Il romanzo parte lento, quasi immobile, bisogna lasciare che le parole ben scelte e calme di Giulia Fazzi lo cesellino raccapricciate questo piccolo mondo, lo schifino come gatto che scrolli una zampa bagnata; ma lo restituiscono poi fino in fondo, senza paura di niente. E la sensazione di ingiusto orrore resta addosso a lungo. Un romanzo poco italiano; asciutto, cattivo. Coi cattivi ma in special modo con i finti buoni e con gli inerti. C’è tanta brutta Italia in queste pagine, ed è un male se non ce ne accorgiamo, perché vuol dire che ci siamo assuefatti.

Giulia Fazzi, “Per il bene di tutti”, Il Saggiatore, 2014, 150 pp., € 14.00

Tu, quore
La poesia e lo spirito

La migliore Svezia filmica al Nordic Film Festival di Roma 2014

vi horizontalSi è da poco conclusa la nuova edizione del Nordic Film Festival di Roma, manifestazione organizzata dalle cinque nazioni scandinave (Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia e Islanda) per accorciare le ormai comunque brevi distanze tra Italia e Nord Europa. Una vera manna per cinefili raffinati, che anche per quest’anno  hanno affollato la Casa del Cinema di Roma spesso non riuscendo a guadagnare uno dei posti di ingresso, peraltro sempre gratuiti – in questo senso, varrebbe forse la pensa di ripensare alla struttura del festival, cercando di distribuirlo su più sale. Il merito del tutto esaurito è da attribuire a una produzione filmica molto varia, di grandissima qualità, e ben ragionata e articolata dalle rappresentanze delle nazioni ospitanti. Curatissima la selezione: si può andare a una proiezione senza avere neanche idea di quale sia il film in programma.

Continua a leggere