Il piano era questo: avendo letto il romanzo già in bozza, avrei dato una veloce occhiata al pdf di stampa, tanto per rinfrescarmi i passaggi di trama e i nomi dei personaggi. Ma leggere a video non mi garba, quindi ho ripreso la stampa della bozza, con la scusa che avrei fatto prima a sfogliarla. Così, sfogliarla, mi ero ripromessa. Alla quarta pagina ho capito non sarei riuscita, ché ogni riga bastarda era come la torta di Lewis Carroll su cui era scritto “leggimi”.
«Io non sono Veronelli, ma ogni volta che mi mostra orgoglioso una delle sue bottiglie da 6 euro, di case vinicole dai nomi finto araldici, mi viene da ridere, e anche una certa tenerezza. Quando lo assaggiamo – e puntualmente si rivela un vino mediocre che non vale la metà della pur bassa cifra che è stato pagato – io mi spertico in lodi al bouquet e all’equilibrio della struttura e pacche sulle spalle, sapendo di farlo contento. Di modo che alla fine, oltre a essermi dimostrato ipocrita, presuntuoso e superbo, posso dire di essere stato anche paternalista e falso. Si preannuncia un buon sabato.»
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Joyce Carol Oates: la spietatezza della narrazione come unico risarcimento alla crudeltà.
Un nuovo pezzo (finalmente!) per La poesia e lo spirito dopo il lungo silenzio imposto dalla scrittura del romanzo, dedicato a J. C. Oates, che credo sia insieme a Toni Morrison la mia scrittrice preferita.
Non si è smentita J. C. Oates: al Festival Letterature di Roma 2010 ha letto un pezzo (il primo capitolo del suo nuovo romanzo in corso di scrittura) che celebra il filo rosso della sua durissima, splendida narrazione. Settantadue anni ben portati e ben vissuti, con decine di romanzi pubblicati negli Stati Uniti e tradotti in quasi ogni lingua, centinaia di racconti, e poi ancora saggi (molti sulla boxe), poesie, pièce teatrali, sceneggiature. Prolifica e grande artigiana della scrittura, la sua visione del mondo è sempre dalla parte dei deboli, a cominciare dalle donne. Non si fa incantare dalle supposte conquiste della donna occidentale e continua a procedere spedita nel denunciare abusi e soprusi vissuti ogni giorno, con un occhio femminile e femminista sul mondo, implacabile nel fotografare la società statunitense per quella che è. Continua a leggere
“Il nuotatore” di John Cheever: un uomo oltre la linea d’ombra.
Online su Carmilla il mio breve saggio su un famoso magnifico racconto di John Cheever, uno dei maggiori novellieri nordamericani del novecento. Esce a pochi giorni dal quarantacinquesimo anniversario della sua pubblicazione, avvenuta a luglio 1964, un mese prima della mia nascita. Nuotiamo insieme nel mondo da 45 anni, gli anni del protagonista. Ho raggiunto il nuotatore, adesso. Forse vivrò il suo stesso declino.
Il racconto non è disponibile in rete in italiano, ma solo in inglese. In Italia è pubblicato da Fandango Editore. L’originale di questo saggio l’ho scritto originariamente in inglese, si trova qui.
“Il nuotatore” di John Cheever: un uomo oltre la linea d’ombra
Questo racconto, uno dei migliori mai scritti dall’autore, è apparso per la prima volta 45 anni fa sulla rivista “New Yorker”, il 16 luglio 1964.
È la storia di Ned, un uomo ricco e sicuro di sé che ha appena passato la mezza età, con ancora addosso “l’agilità caratteristica della giovinezza”. È a casa di amici per un party in piscina, un giorno di mezza estate. Tutti gli ospiti stanno godendosi con pigrizia la parte più matura del giorno, ognuno impegnato con il suo mal di testa: hanno tutti bevuto troppo, il giorno prima, e riescono a scambiarsi pochi altri commenti mentre la pelle indolente riposa al sole. Ma Ned, un uomo che prova “un disprezzo inspiegabile per gli uomini che non sanno tuffarsi dentro una piscina”, si percepisce in modo vago e pudico come “una figura leggendaria”. Per questo decide di alzarsi e portare a compimento un’idea: tornare a casa sua a nuoto. La sua villa si trova otto miglia a sud, e nella zona residenziale in cui abita può tranquillamente raggiungere la sua casa per vie d’acqua, zigzagando per tutte le piscine che incontra nel suo cammino: 15 piscine private e una pubblica; sarà il suo “contributo alla geografia moderna”. Le conosce una per una, sa il nome di tutti i proprietari, è come un mosaico: “una sfilza di piscine”; come un ruscello: “lo chiamerà Fiume Lucinda, come sua moglie”. Anche se lei, in verità, non mostra nessuna reazione quando le dice che tornerà a casa a nuoto.
“The swimmer” by John Cheever
I wrote this piece originally in English and then I translated it into Italian to have it published on Carmilla. It is a very short essay on one of my favorite stories of all times. I did make some personal hints on the author's psyche so before I ventured publishing it I got in touch with the author's son to ask if he was ok with that: he graciously granted me his go-ahead. "The swimmer" is available online here.
John Cheever’s “The Swimmer”: a man past the shadow line.
A wealthy and self assured man just past his midlife, still bearing “the especial slenderness of youth”. He’s at some friends’ house, by their pool, a midsummer day. All the guests are lazily enjoying the mature part of the day, busy with their respective headaches; they all had too much too drink the day before, no-one able to socialize more than this comment with their sleepy skins exposed. But Ned, he’s a man with an “inexplicable contempt for men who did not hurl themselves into pools”, and he has a “vague and modest idea of himself as a legendary figure”. So he steps up from the pool curb with an idea: he shall swim all the way home. His house lies eight miles south. In the suburban area where he lives, he can be “taking a dogleg” and reach his home by water, swimming across all the pools he finds along his path: 15 private pools and a public one to create his “contribution to modern geography”. He knows each of them, recalls the owners’ names one by one like a mosaic, a “string of swimming pools”. He will “name the stream Lucinda after his wife” even though she is not reacting when he tells her he’s going to swim home.