Un pezzo sulle elezioni midterm per l’Unità online

Et voilà, anche in vacanza un pezzo scritto al volo dalla California a proposito dei seggi elettorali visti ieri…. per l’Unità online

Un seggio senza segreti

I miei amici sono Democrats convinti e vogliono andare a votare presto, prima ancora di fare colazione.
“Occhei” dico io “vi accompagno che sono curiosa di vedere come sono fatti i vostri seggi”.
“Si vota in una scuola, qui nel nostro distretto.”
“In che senso ‘nel nostro distretto’, dove altro votate se no?”
“Beh un po’ ovunque, a volte affittano dei locali…”
“Quindi le scuole non chiudono?”
“Ma scherzi?”

Nei miei occhi italiani ci sono i disegni dei bimbi appesi alle pareti, i banchi impilati in fondo alla classe, la lavagna contro il muro, e non riesco a immaginarmi la scena. Che infatti è tutta diversa: la scuola funzione regolarmente, è solo stato allestito un seggio nei locali della biblioteca, dove alcuni bambini peraltro vengono comunque a prendere volumi in prestito. Ci sono delle bandiere stelle e strisce all’ingresso, ma sono quelle dell’istituto. Solo un cartello giallo per strada informa in inglese, spagnolo, filippino e vietnamita, che il seggio è all’interno della scuola, e un altro cartello ci dice dove una volta nel cortile. Continua a leggere

Un pezzo per “Il Grandevetro”

Simonetta Melani, che è una persona splendida, mi ha invitata a scrivere un pezzo per l’altrettanto splendida rivista “Il Grandevetro” che dedicava questo numero al Sud. Ho scelto di scrivere qualcosa a proposito del sud del mondo, parlando ovviamente di donne, che ne sono normalmente il motore schiavo e senza diritti.

Mi sarebbe piaciuto che a illustrare il pezzo ci fosse stato questo mio vecchio scatto del Perù, ma c’era già un’impaginazione pronta quindi lo metto qui.

Se fosse una canzone e la stessi per suonare dal vivo, direi che è un pezzo a cui tengo molto, ed è dedicato a una persona speciale. Che poi alla fine – voilà – l’ho detto ;o)

Tenendo la fatica con le mani

Il sari fucsia splende sulla sua pelle cioccolato al latte che sotto le braccia resta un po’ flaccida. È magra e il viso scavato fa pensare a sessant’anni ma impossibile esserne sicura. Denti non tutti, sorriso sghembo che copre con la mano sinistra davanti al nero lucido del mio obiettivo, ma le ho fatto l’occhietto per chiederle il permesso, prima: quindi ho scattato. Scattato in questo luogo perduto del Rajastan, a metà strada tra Jaipur e Bikaner, credo. Dove fanno mattoni.
Cammelli passano dinoccolati sulla collina in fondo, indifferenti. Continua a leggere

Melampo

Questo pezzo mi da una grande emozione e sono stata onoratissima che sia uscito su Carmilla il 24 aprile 2007, corredato dalle foto di Gianni Faluomo. Una delle soddisfazioni più grandi che ho avuto dalla scrittura.

La versione rtf è scaricabile qui.

MELAMPO

Addis Abeba è una città speciale e contagiosa, istilla un ritmo di vita che veloce si inocula e poi ti resta lì, dove non l’hai messo.
Non è una cartolina africana; è un mondo a parte, con cose uniche e splendide che non trovi altrove, e situazioni che danno fastidio. Una città tropicale in quota, dolcezza solare di giorno e freddo di notte, soprattutto se stai sotto una lamiera e poi piove. Qui ci sono i mesi delle piogge. Il clima dopo El Niño ha perso un paio di venerdì e a volte l’acqua travolge tutto. Ora no, è novembre e la pioggia è finita. Ho una settimana da passare qui, per lavoro. Continua a leggere

Abitare la tortura

Questo pezzo è uscito con qualche modifica sull’Unità del 24 marzo 2005, anniversario della strage delle Fosse Ardeatine; ci tengo molto anche perché mi ha dato modo di conoscere una persona unica e speciale: Elvira Palladini. Ho pianto sinceramente la sua morte, dopo aver amato la sua vita e il suo esempio. Sono stata sorpresa e lusingata che sia stato anche ripreso sul sito dell’Arcigay di Milano, porto questo come una medaglia (grazie!!!).

La versione rtf è scaricabile qui.

ABITARE LA TORTURA

Celle di detenzione e tortura nazista di via Tasso ancora abitate da privati

Via Tasso sale da Manzoni e sembra infrangersi contro una muraglia, altissima. Viene da alzare gli occhi e cercare il cielo, che oggi è di un azzurro sfacciato. Quando arrivo al portone del Museo Storico della Liberazione di Roma dalla finestra del palazzo di fronte una radio suona “Disco inferno” e mi raggela.
Questa quieta palazzina borghese anni ’20 era della famiglia Ruspoli, che la affitta all’ambasciata tedesca. Dal ’43 fino al giugno del ’44 diventa il Quartier Generale della Gestapo: è qui che Kappler il 28 settembre prende i 50 chili di oro dagli ebrei di Roma. Di fatto, glieli ruba. Continua a leggere