Percussioni Ketoniche: intonati come campane

Il doppio concerto “Campane e Sonus” delle Percussioni Ketoniche all’Auditorium di Roma il 22 dicembre scorso (dopo un’ulteriore matinée qualche giorno prima) ha decisamente sciolto con vibrazioni di energia primordiale e liberatoria la cornice elegante dalla Sala Studio, trascinandola in una materia colante e lavica. Il gruppo creato e diretto da Giulio Costanzo (M.° del Conservatorio di Campobasso), e composto da molti suoi ex allievi di ormai acclarato successo ha portato in scena un concerto ottimamente costruito, ricco di variazioni e musicalità, nonostante la melodia fosse affidata esclusivamente alle marimbe, e in modo obliquo alle campane.
Il progetto di Costanzo nasce in effetti molto dall’incontro con Marinelli, attuale erede e titolare dell’omonima antica Fonderia di Agnone, che esporta campane in ogni angolo del pianeta. Marinelli, sul palco a fine spettacolo, spiega che era in cerca del partner giusto per far cantare finalmente –e intonatamente– le sue campane, e che Costanzo ha accettato e superato la sfida, creando melodie e suoni giusti per ottenere armonia dal metallo. Ed è con le campane che comincia il concerto, per poi ingrandirsi a prendere toni sempre più ampi anche grazie all’elettronica gestita da Max Fuschetto, ma il concerto non punta solo al crescendo, come spesso avviene per le performances di percussioni, ma alla variazione di temi, ritmi, strumenti, esecuzione, e ovviamente alla bravura dei musicisti tra cui spiccano soprattutto uno strabiliante Antonio Armanetti, premiato giovanissimo con il Premio delle Arti per le percussioni, Roberto Napoletano, e il batterista Oreste Sbarra, che in modo sanguigno e deliziosamente mediterraneo, ha chiesto a fine concerto, dal palco, la mano della sua fidanzata, trasformando ciò che restava dell’elegante Sala Studio in una festa di paese.

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Luca Aquino in concerto alla Casa del Jazz

Luca Aquino in concerto alla Casa del Jazz, Roma, 9 novembre 2013

A volte la cifra del piacere di un concerto è proprio nell’atmosfera morbida, intima e vicina che i musicisti riescono a creare con il pubblico, come fosse la magia di una suonata improvvisata in una baita montana un istante prima che qualcuno dica “buonanotte”, mentre poi invece si resta in piedi a fare musica fino a mattina. E sai che quello che hai vissuto era per pochi, e irripetibile. La performance di Luca Aquino alla Casa del Jazz ha assomigliato a questo: c’era un pubblico ammirato, ma non solo ammirante; c’era un partecipare a qualcosa di personale e gioioso. Il tutto in verità ben lontano da qualsiasi possibile idea di casereccio: la musica è stirata in ogni direzione, come l’album da cui è tratta, aQustico, uscito per la Tùk Music di Paolo Fresu. Da raffinata a animale, da freettosa a standard, da spernacchiata a dolcissima, una galoppata in molti generi dove infatti emerge più la varietà che una stretta originalità compositiva delle melodie, che spesso rispettano criteri di piacevolezza più che di innovazione, facendo brillare maggiormente esecuzione e interpretazione.

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Piccoli Marley partenopei: Ras Tewelde conquista Africa e Giamaica

Una recensione di un cd veramente gioioso e carino che è stata la mia allegra colonna sonora estiva, di un musicista che ha davvero qualcosa in più….

Piccoli Marley partenopei: Ras Tewelde conquista Africa e Giamaica

Ha qualcosa di speciale questo ragazzone napoletano ma “etiope” di adozione. Un nome italiano sostituito da quello ricevuto in battesimo in Etiopia, usato ormai come nome d’arte, che è soprattutto una dichiarazione di intento, musicale e politico-religioso, dove la differenza tra le due cose – come per Marley – in fondo non c’è. Una qualità gioiosa e pulsante, un candore assoluto, che muove anche tenerezza, una fede rastafariana vera, che lo porta a scrivere pezzi “conscious” (= impegnati) su quella che con una forzatura possiamo definire la dottrina rasta: la teoria dell’Etiopia come culla degli africans (a prescindere dalla loro provenienza e del colore della loro pelle), l’idea della necessità di un loro “rimpatrio” nelle aree che l’imperatore Haile Selassie decise di donare ai giamaicani che volessero tornare a una terra originaria dove non essere sfruttati dal colonialismo anglosassone, ovvero la zona di Shashamane, dove da alcuni anni risiedono varie persone/famiglie di origine caraibica. Una weltanschauung che l’artista esprime a tuttotondo nel costruire con grande sforzo personale progetti culturali con l’Etiopia, soprattutto Youths of Shasha, dove ha coinvolto i bambini del luogo nella produzione musicale.

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Max Fuschetto, un grande musicista

Ho deciso di recensire questo cd nonostante sia uscito due anni e mezzo fa perché è una musica che mi ha folgorata, emozionata, vivificata, e il rapporto di stima e amicizia che ho intessuto con il suo autore mi sta portando su nuove strade espressive. Ascoltatelo.

Popular games di Max Fuschetto

Recensire un album uscito nel 2009 è un’eccezione, di solito ci si concentra sulle novità, ma in questo caso tralasciare il primo lavoro di Max Fuschetto sarebbe stato proprio un delitto. Soprattutto perché questo raffinatissimo album è davvero “popular” nel suo essere immediatamente piacevole e catturante dal primo ascolto, ma allo stesso tempo con una tale complessità di suoni, armonie, melodie, percussioni, arrangiamenti, campionamenti, linee ritmiche, partiture, strumenti, echi, suggestioni e generi, che si potrebbe ascoltare praticamente all’infinito continuando ogni volta a sentire sonorità diverse, allusioni, in un gioco di specchi sonori.
C’è davvero (di) tutto in questo piccolo capolavoro che pur mantenendo una sua riconoscibile identità italiana su molti aspetti, ha un respiro totalmente internazionale. Sfugge quindi alle definizioni, e soprattutto alle categorie: meglio forse dare qualche suggestione. Se avessi un negozio di dischi credo lo posizionerei non lontano da Vollenweider, e non distante dalla World, accanto alla ECM, ma prenderei anche un filo sottilissimo e lo congiungerei pure con i Beatles, in salsa hard bop, con accenni di contemporanea.
Troppa roba? Impossibile accorgersene, in verità: il suono finale è liquido, sciolto, sincero, con una raffinatezza sublime che si percepisce quasi in filigrana.

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Sycamore Age

Spettacolare album di una band che riassume e distilla in sé TUTTA la mia musica rock preferita con i piedi cementati dentro i Beatles.. un disco che ho recensito con slancio, sabato prossimo a Roma al Circolo degli Artisti, consigliatissimo…

Sycamore Age – Sycamore Age
(Santeria 2012)

Due estati fa ero ad Arezzo con Andrea Chimenti per una sera di chiacchiere, lucciole e molta musica. A un certo punto, quasi timidamente, mi chiede se voglio ascoltare un demo, un progetto a cui suo figlio Francesco sta lavorando con un amico e con Stefano Santoni dei Kiddy Car. Gli dico di sì, certo, e già dopo il primo pezzo mi cadono letteralmente le orecchie: “Ma questi sono una bomba!”.
Diciannove mesi dopo la voce di Francesco Chimenti, una voce di purissimo rock, autorevole, pazzesca, propulsiva, modulabile all’infinito, svergognata, galoppante, profonda come il mare, risuona nelle mie casse letta dal cd con il dorso colorato di caleidoscopiche farfalle dei Sycamore Age: la band di ormai sette elementi nata intorno a quel primo progetto creato insieme a Davide Andreoni a cui si era presto unito Stefano Santoni. Pochi mesi fa, da quando sono cominciate le esibizioni live, si sono aggiunti altri quattro perfetti elementi: Giovanni Ferretti, Samuel Angus Mc Gehee, Nicola Mondani e Franco Pratesi. Continua a leggere

Wu Musica: narrativa incastonata nel suono

Un pezzo uscito per Slowcult e Music on TNT su due cd "narrativi", Pontiac e Arzestula, di Wu Ming.

Musica e letteratura a volte possono andare a braccetto con risultati sorprendenti, e la band di scrittori Wu Ming ne è uno degli esempi più interessanti in assoluto. Soprattutto Wu Ming 1 e Wu Ming 2 hanno sempre sentito forte la spinta a realizzare progetti che andassero ben al di là del “reading musicale”, portando la parola allo stesso livello di una partitura cantata, dove la voce non segue però una melodia ma si impone come uno strumento “in prosa”.
Chiaro che questa modalità espressiva, soprattutto per Wu Ming 2, prende una sua buona parte di radice dai Massimo Volume, la band che – fondamentalmente – ha inventato il genere. Infatti per Pontiac, storia di una rivolta, audiolibro illustrato a fumetti da Giuseppe Camuncoli e Stefano Landini che contiene un cd (non separabile) di musica con letture, Wu Ming 2 fa da voce narrante accompagnato proprio da Egle Sommacal, chitarrista storico della band bolognese, insieme a Stefano Pilia, altro eccelso chitarrista aggiunto ai Massimo Volume per l’ultimo album di cui abbiamo parlato anche qui. Per questo audiolibro è di nuovo al completo la splendida formazione con Paul Pieretto (principale compositore dei brani) ai bassi e all’elettronica, e Federico Oppi alla batteria, con cui Wu Ming 2 aveva portato in tour due altri spettacolo, Razza partigiana e Guerra agli umani, un estratto del suo romanzo solista. Per Pontiac, storia di una rivolta il legame con i romanzi di Wu Ming è molto diretto nel senso che anche se le narrazioni sono state create appositamente (e compiutamente) per questo audiolibro, il personaggio di Pontiac appartiene agli scenari del loro penultimo romanzo collettivo (Manituana). Continua a leggere

Lucia Manca – il suo primo album

Un recensione per Slowcult e Music on TNT su questa talentuosa cantautrice salentina.

Lucia Manca – Lucia Manca
(Novunque 2011)

Fresco, intelligente, piacevole: un cd molto carino, questo lavoro di quasi-esordio di Lucia Manca, cantautrice salentina prodotta da Giuliano Dottori degli Amor Fou, che ha anche suonato quasi tutti gli strumenti dell’album. Non ha suoni innovativi o sperimentali, non stupisce con nulla, ma è davvero un cd piacevole da ascoltare, che cresce velocemente senza annoiare, si fa spazio nella memoria melodica, aggancia . È semplice ma interessante, ben armoniosamente composto, ben arrangiato, e ben cantato con una voce con timbro rotondo e caramellato di contralto che gioca a volte su toni infantili alla Cocorosie, anche se nel panorama indie italiano viene da accostarla soprattutto a Cristina Donà.
Tolto un brano scritto da Giuliano Dottori, e un altro a firma di entrambi, Lucia Manca ha composto ogni pezzo di questo delicatissimo album, raccontando piccole storie senza inutili rime, quasi cortometraggi pensosi di vita e esperienze, ricordi, dove esprime il suo sguardo sul mondo. Si parla soprattutto di amore ma in modo non banale, spesso con una piacevole velatura omosessuale, e un senso centrifugo di allontanamento, che sia abbandono, fuga o corsa: resta sempre centrale la sua voce che nonostante il tono sognante è ricca di forza e autorevolezza. Continua a leggere

Ancora Andrea Chimenti: recensioni di Tempesta di Fiori

Ho scritto altri due pezzi su Andrea Chimenti, uno per La poesia e lo spirito, l’altro per Slowcult e TNT. Un po’ come è stato per Altai di Wu Ming, parlare di questo sorprendente e magnifico musicista è diventato quasi un esercizio di stile per me, con l’instancabilità che da sempre contraddistingue i miei ascolti di ottima musica.

Andrea Chimenti: Tempesta di Fiori

È uscito da poco “Tempesta di Fiori”, l’ultimo album del musicista aretino che si è già meritato recensioni vibranti e sentite: come nel suo stile, il raffinatissimo Andrea Chimenti ha prodotto ancora un lavoro estremamente ricercato e all’insegna di un’orchestrazione di suoni che abbraccia strumenti classici (corde, fiati, percussioni, vibrafono, clavicembalo, accordion, per citarne alcuni) con quelli più tradizionali del rock, non ponendosi alcun limite espressivo o melodico: ogni strumento, ogni partitura, addensano la cifra emotiva e stilistica di ogni brano rendendolo unico e diverso dagli altri, efficace.
Eppure c’è un’unità stilistica molto forte in questi dodici pezzi, una risposta forse all’imperioso divieto contenuto nel titolo del suo album precedente: “Vietato morire” (2004). Vietatissimo, perché la vitalità e la rabbia gioiosa di esistere con cui “Tempesta di Fiori” contagia chi ascolta è un antidoto a ogni pessimismo e spleen, dove anche nei pezzi più cupi emerge un’energia potente, più convinta e omogenea che negli album precedenti. Continua a leggere

Uscita su Music on TNT una recensione sul concerto di Antony & The Johnsons

Con grandissimo piacere vi segnalo la pubblicazione di una mia nota sul concerto di Antony alla Cavea di Roma il 28 luglio 2009 sul sito Music on TNT.

Eccola qui:

L’essere perfetto: Antony & The Crying Light

Una creatura dei boschi con un corpo da cartone animato, un omone bambino, una donna sovrappeso; abiti informi con sopra una casacca nera che sembra la veste da casa di una vedova meridionale. E queste braccia, queste mani, che con movimenti delicati ma massicci descrivono il movimento della sua voce dentro il corpo, raccontano la sua uscita dalla gola dopo il cammino dal diaframma attraverso i polmoni: passando dentro l’anima. Continua a leggere