[NB. L’articolo è stato aggiornato il 30 settembre a seguito degli sviluppi sulle indagini poliziesche]
Ieri mattina poco prima delle cinque, mentre tutti dormivano, qualcuno ha fatto scoppiare un ordigno nell’androne di un palazzo in pieno centro, nel cuore benestante di Göteborg.
Conosco a memoria il brusio di ogni neon, il click di ciascun pulsante, la voce registrata degli annunci dell’ascensore e il cigolio di ogni porta, di quell’androne. Ci ho abitato per cinque anni, fino all’anno scorso.
Il palazzo è degli anni ’70 e interamente dedicato a ospitare appartamenti da affitto, in una zona altrimenti popolata da sontuosi palazzi primo novecento abitati dalla élite gossemburghese.
I tempi delle eguaglianze socialdemocratiche sono finite da un pezzo, e Göteborg è la città con il divario sociale più ampio di tutto il Paese. A quartieri eleganti e chic si oppongono aree di degrado sociale, dove il problema delle bande criminali è cresciuto esponenzialmente, alimentato prevalentemente dal mercato degli stupefacenti. E i morti negli scontri tra bande, in Svezia, sono proporzionalmente tra i più alti di tutta Europa.
Come succede che un criminale piazzi un ordigno in un posto come questo, mettendo in pericolo la vita di tutte queste persone? La polizia sta investigando, ma l’ipotesi più ventilata è che questa bomba fosse rivolta a spaventare un testimone chiave a un processo a bande criminali, un poliziotto che abita nel palazzo.
Mi addolora vedere come la buona vecchia macchina di integrazione sociale e culturale svedese sull’immigrazione, nata nel fulgore socialdemocratico del secolo scorso, vada sempre più inceppandosi, con reazioni politiche che anche qui si iniziano a orientarsi sulla repressione piuttosto che sull’integrazione.
Una bomba nel cuore elegante della seconda città della Svezia, in un caseggiato di persone di ceto medio, molte delle quali pensionati. Facce che ho visto e salutato ogni giorno in ascensore, in lavanderia, nel cortile e nel garage, con cui ci siamo scambiati sorridente cortesie, nella cordiale e simpatica Göteborg.
In quella che era la mia casa.
È stato il caos. Abitavo al sesto piano su strada, quarto piano sul cortile interno. Il mio vicino della porta accanto, Viktor, è stato svegliato da un boato e dalla sua porta d’ingresso divelta e scaraventata dentro al bagno dalla potenza dell’esplosione. In un istante il fumo nero irrespirabile era dappertutto, le scale – strette e scomode – impraticabili: è scappato in balcone; ma anche lì non respirava, e ha iniziato ad arrampicarsi in discesa lungo la fila dei balconi. È giovane e muscoloso Viktor, spesso in ascensore aveva a tracolla la sacca della palestra; ma a qualche metro da terra è comunque caduto, facendosi male a un piede. Gli inquilini ai piani più bassi si sono buttati, quelli del piano terra hanno aiutato le famiglie a tirare giù i bambini da finestre e balconi, tutto in pochi attimi di panico urlante. L’inquilino del primo piano si è svegliato mentre il suo letto era sospeso in aria prima di ricadere sul pavimento, ma è riuscito a sgattaiolare subito fuori. La mia amica Sara e suo figlio Markus sono stati veloci abbastanza da fare i loro due piani di scale trattenendo il fiato fino al cortile. Ma molti anziani hanno dovuto aspettare una piccola manciata di minuti per l’arrivo di pompieri, ambulanze e polizia per il salvataggio. E pur nella perfetta efficienza dei soccorsi, diciotto persone sono in ospedale, alcune in rianimazione, per le inalazioni. Penso a quali potrebbero essere, se è la vecchietta un po’ sorda del piano di sotto, o la ex cantante del secondo piano, o la mia mite e gentile ex dirimpettaia.
Tutti hanno perso quasi tutto, bisognerà vedere cosa è recuperabile dopo le ore di fuoco e fumo, l’acqua dei pompieri, la scossa che ha certamente fatto cadere oggetti e quadri per terra. Quasi tutti hanno un’assicurazione che li aiuterà, e un’ondata di calda solidarietà si è messa in moto. Ho fatto un appello per raccogliere del vestiario per la mia amica e suo figlio e hanno risposto in tantissimi. Sperando che anche chi è in rianimazione si riprenda, tornerà tutto a posto, tra qualche mese.
Ma continuo a girare per casa mia e guardare le mie masserizie al sicuro. I miei libri e i miei quadri, gli oggetti dei miei viaggi, le foto, i miei passaporti e documenti. Il nostro server di back up casalingo e il mio computer che ronzano indisturbati, custodendo ogni file, ogni film che ho girato, sicuro al suo posto. I bicchieri di cristallo della bisnonna sono intatti, intatte le stoviglie e i vasi, e tutto il resto.
E soprattutto noi siamo vivi, io e mio marito, e il nostro gatto anziano, che non sarebbe probabilmente sopravvissuto, e noi che non saremmo riusciti a scendere lungo i balconi come ha fatto Viktor. E tutto mi sembra così surreale, una porta scorrevole della vita da cui siamo riusciti a sgattaiolare in tempo.