Una bella e ragionata recensione di “Di morire libera” (Lorusso Editore) uscita su Le Monde diplomatique – il manifesto di oggi!
Enzo Di Brango scrive:
“Scrittice, regista e femminista resistente, Monica Mazzitelli ha voluto misurarsi al femminile, con un tema che solo negli ultimi anni ha cominciato a prendere consistenza nei dibattiti storico-sociali. Il racconto, sviluppato su fonti storiche consultate in archivi e biblioteche, restituisce ai lettori l’immagine di una donna guerrigliera, Michelina Di Cesare, che la vulgata “brigantista” spesso nostalgica di monarchi e condottieri, aveva relegato al ruolo di testimonial più per l’avvenenza derivata da foto farlocche (una modella abilmente travestita e spacciata per la brigantessa) che per la sua storia vera di combattente morta con il fucile in spalla.
Come citato nell’introduzione, l’autrice rimane fedele a quanto a suo tempo asserì la storica francese del femminismo Arlette Farge: «Parlando delle donne e della loro storia non si tratta neppure di riempire uno spazio bianco perché non c’è nessuno spazio bianco da riempire: bisogna solo ripassare con la matita nera i segni cancellati il cui tracciato è, però, ancora bene individuabile, di un disegno di cui nessuno si è preoccupato mai».
Monica Mazzitelli ha proposto un doppio tratto di matita nero: uno, più generale, di evidenziazione di un periodo storico che fatica ancora ad imporsi nella manualistica ufficiale ed uno, particolare, evidenziante un ruolo femminile spesso non complementare come per molto tempo ci è stato fatto credere. Michelina Di Cesare, in questo bel romanzo, è il prototipo di secoli di subordinazione di genere, è la donna che ricomprende in sé tutto l’odio accumulato dal genere femminile nella quotidianità durata millenni.
La Di Cesare mosse la sua personale rivolta contro il nuovo ordine (e contro la riproposizione di schemi sociali sempre identici), in quella zona dell’alta provincia di Caserta che sarà una polveriera per tutto un decennio 1861-70. Un percorso ribelle il suo, ancor prima di essere fagocitata da quella che diverrà, dopo la conquista regia del Sud, la Guerra del Brigantaggio. Monica ne delinea sapientemente il carattere, come solo una donna può descrivere un’altra donna; non trascura la storia, anzi approfondisce i fatti negli archivi e nelle biblioteche pubbliche e private, ne lascia prova ad ogni capitolo, citando date, fatti e personaggi che realmente sono attori e comprimari della storia sanguinosa che racconta. Di Michelina coglie gli aspetti fondamentali, lascia intendere al lettore quella veloce progressività che assume la sua indole, “esterna” alle convenzioni già dall’adolescenza. Ricorda la Michelina appena adolescente che imparò a leggere e scrivere tra un furtarello e qualche accapigliata; una sorta di Antigone protomoderna che, autoespulsasi dall’ordine sociale stabilito, non avverte più alcun dovere di rispettare le leggi di uno Stato che non riconosce. Un racconto storico e politico godibile che l’editore Lorusso, da sempre attento ai temi sociali, ha voluto inserire nel suo catalogo. E ha fatto bene.”
Questa me la incornicio