Sharon è così felice e impaziente di scendere in città stasera che le sembra ci stiano volendo tre ore a finire di truccarsi. Da quando aveva preso la patente non aveva più passato un sabato sera a casa, per sua madre non era un problema lasciarle la macchina per il fine settimana.
Sally prima le aveva messaggiato che Tess era già arrivata: aveva preso un take-away per tutte e tre, la aspettavano a casa. E che si desse una mossa, ché avevano fame − le aveva scritto aggiungendo faccine e emoji con cosce di pollo, patatine fritte, cuoricini e pazze risate.
Sto entrando in macchina ora!!! − le aveva risposto Sharon un secondo prima di aprire la portiera.
Era il primo sabato sera di dicembre di sette anni fa, e la statale per Philadelphia era trafficata sia da chi andava a fare serata in centro, sia dai reduci del primo shopping natalizio di ritorno nei ricchi sobborghi fuori città: zone residenziali piene di caprioli, scoiattoli, e stradine costeggiate da alberi cedui che ogni autunno era incantevole guardare.
Tra loro i McPherson: Mark e Lena con i figli adolescenti, Simon e Nick, seduti sui sedili posteriori. Chiacchierano a proposito delle vacanze di natale. A Simon piacerebbe andare dai nonni, mentre Nick vorrebbe restare a casa per poter giocare tutti i giorni a tennis, ché a gennaio inizia il torneo del suo club. Mark e Lena non commentano, si scambiano solo un sorriso, nella speranza che i ragazzi trovino da soli un compromesso equo.
Un po’ di traffico a entrare in città. Sharon si ricorda che c’è una partita di football stasera, ci vorrà un po’ a passare lo svincolo per lo stadio. Durante un momento di stasi della coda legge un nuovo messaggio di Sally − Quando arrivi???? – con cuori e baci. Mentre inizia a scrivere la risposta, le macchine dietro di lei si mettono a suonarle il clacson: ormai ci sono almeno cinquanta metri liberi davanti a lei. Si riscuote e solleva un braccio in segno di scusa, pigiando sull’acceleratore. Manca pochissimo allo svincolo, appena lo passa pigerà il tasto di invio del messaggio su cui ha scritto “Sono lì tra 10 minuti!! Aspettatemi e non mangiate tutte le patatine!”.
Un minuto dopo la strada è libera e Sharon prende il cellulare per inviare. Ma le pare che il suo messaggio abbia un tono lagnoso. Meglio aggiungere almeno una faccia con la lingua e magari due risate e forse anche un cuoricino. Fatto! Click sul tasto verde di invio.
Non fa neanche in tempo a capire cosa succede ma è in aria. La sua macchina volteggia nel vuoto per 40 metri e 180 gradi, poi uno schianto. Poi più niente.
Sally la chiama decine di volte, fino alle dieci di sera. Sempre solo la segreteria telefonica.
Finché non decide di chiamare la polizia.
Nessuno ha fatto in tempo a capire nulla nella macchina dei McPherson. La frase di Lena su “Cosa volete mangiare a cena” resta a metà nel momento in cui una tonnellata di metallo, gomma, plastica, benzina, vetro − e un corpo umano − impattano sull’abitacolo. Mark muore immediatamente, ma nessuno degli altri tre passeggeri lo verrà a sapere a breve: tutti e tre restano a lungo in coma. Il primo a uscirne è il più piccolo dei fratelli, Nick, che se la caverà con la rimozione di qualche organo non vitale. Lena sarà in coma a lungo, con danni cerebrali che ci è voluto più di un anno a recuperare, ma con un dolore che non passerà mai per il marito e per il figlio maggiore che − dopo un coma lunghissimo e una ancor più lunga riabilitazione − ha recuperato la mobilità fisica purtroppo non quella mentale: ha lesioni cerebrali permanenti che gli consentono solo una vita protetta.
Basta davvero un istante, un istante solo, e tutto è perduto, distrutto, danneggiato per sempre.
Anche se ho scelto di presentarla in modo narrativo, questa è una storia purtroppo vera e ha toccato la famiglia di una delle mie più care amiche. Per favore, pensateci. Grazie.
Foto Fahrul Azmi, Unsplash