La mia festa per l’Unità d’Italia

Un pezzo messo stamattina di getto su unonove per l’anniversario dell’Unità. Va detto che qualsiasi festa laica mi rallegra.

Uniti non uni

Certo, è chiaro che l’Italia dovesse unificarsi. Tornare unita dopo esserlo stata per centinaia di anni sotto l’impero romano, che ne aveva unificati gli idiomi al punto da lasciarne per sempre un lascito culturale condiviso, al di là delle ovvie differenze. Ma le possiamo considerare delle ricchezze le nostre differenze, o no? Possiamo miglioraci nello sforzo stesso del venirsi incontro, o no? Io credo di sì.
Ciò detto, il 17 marzo è l’anniversario di una guerra civile di occupazione delle truppe dello stato sabaudo su quelle dello stato borbonico. Festeggiamola idealmente ma per carità usciamo dall’agiografia risorgimentale, TUTTA l’agiografia.
Questo è un dialogo che ho scritto e che fa parte del mio romanzo sul brigantaggio meridionale in cui c’è una MINUSCOLA parte ambientata a Vienna, un contraltare nobiliare alla mia storia di cafoni. Esprime la mia visione antiagiografica sull’unificazione dell’Italia.  Da un punto di vista letterario è un omaggio alla scrittrice Georgette Heyer ma soprattutto alla sua sublime traduttrice, Anna Luisa Zazo. Nella mia toponomastica personale, si merita l’intitolazione di una piazza.

«Non offenderò la vostra intelligenza, mio caro marchese, facendo finta che non sappiate che sono i soldi raccolti da Mazzini che hanno finanziato la spedizione di Garibaldi. Dovreste assaggiare il purè, sapete?»
«Senz’altro sì. I vostri massoni, barone, si fingono romantici. Ma erano solo interessati a quel vino prezioso che sono certo la Contessa Ivanovna ci servirà con i pasticcini.» indirizza un occhiolino verso la padrona di casa, che con la mano grassoccia cerca sulla tavola il ventaglio.
«Non vorrete dire che non valeva la pena di ammazzare qualche soldato per salvare quell’ottimo Marsala?»
«Certo che sì mio caro» sorride ironica la baronessa Sophie, indicandolo con la punta della forchetta «ma c’era davvero bisogno di rovesciare un regno per farlo? Non che Garibaldi mi dispiaccia, s’intende, è un uomo davvero sensazionale» conclude alzando un sopracciglio.
«Quindi di certo sapete come mai porti i capelli lunghi, madame?»
«In verità no, caro Vincent, marchese, ma sono certa che ce lo svelerete.»
«Ladro di cavalli. In Sud America tagliano le orecchie ai ladri di cavalli. Garibaldi le copre per questo.»
«Vraiment? Ancora più sensazionale allora… Quindi, ricapitolando, i massoni inglesi sollecitati da Mazzini gli pagano la spedizione via mare, tengono lontani i pirati dai vaporetti lungo il viaggio, e lo fanno arrivare sano e salvo a Marsala, n’est-ce pas?» Si appoggia allo schienale rosicchiando un pezzetto di pane «e mentre mezza Europa – anzi, tutta – gira la testa dall’altra parte e fa finta di non vedere, il Duce Garibaldi si prende un po’ di uomini dalle carceri di Palermo, scorrazza per le campagne e dice che la Sicilia è libera dai Borbone, che vuole andare a cacciare fino a Napoli.» Fa cadere lo sguardo intorno alla tavolata a cercare ciascun commensale «Prima però, massacra i contadini di Bronte che sono in rivolta. Perché gli ha promesso che gli avrebbe dato la proprietà delle terre che coltivavano, ma poi se l’è rimangiato. Sensazionale.»
Scoppia a ridere il Marchese di Brango. «Siete straordinaria!»
«Perdonate mia moglie, marchese, a volte è davvero eccentrica» si interpone Sir Longsite, «Sophie, parli come una giacobina.»
«Ma caro, sai bene che il nostro amico non ha proprio nessun motivo per amare Garibaldi, ora che il petit roi italien sta saccheggiando tutta Napoli e dintorni, le uniche zone davvero ricche del Regno delle Due Sicilie.»
«Sì, la mia fortuna è stata lasciare Napoli prima di questa disfatta, ma anche come ambasciatore ho trovato solo orecchie sorde qui a Vienna. Gentili, ma sorde.» Scrolla le spalle «Temo che ci sia poca speranza per la causa borbonica» sospira allargando lo sguardo «ma l’occupazione del Sud Italia da parte delle truppe sabaude con la scusa dell’unità d’Italia non potrà che finire in un mare di sangue.»
«Beh almeno vi libererete un po’ di Santa Romana Chiesa: a quanto pare i piemontesi stanno confiscando anche tutti i beni ecclesiastici, e cacciando i religiosi dai conventi.» tenta Sir Longsite, con un risolino incerto.
Il marchese si irrigidisce sulla sedia «Su questo argomento, Signore, sarà bene che evitiamo di discutere.» Il bicchiere sollevato in fretta tintinna sgraziato sul bordo del suo piatto.
«Perdonatelo Vincent, gli inglesi sono così affezionati al loro piccolo papa di Canterbury che devono per forza odiare il vostro. Sono un po’ gelosi sapete?» dice Madame Sophie sfiorandogli il polso col pizzo del vestito.