Intervista a Guido Chiesa e Nicoletta Micheli sul nuovo film “Io sono con te” per l’Unità online

Un nuovo pezzo sullo splendido e commovente film che Guido Chiesa ha scritto con la moglie Nicoletta Micheli, andatelo a vedere….
Guido Chiesa e Nicoletta: ecco la nostra Maria

“Io sono con te”, il nuovo film di Guido Chiesa in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma, è dedicato alla figura della Madonna e la racconta da un punto di vista inedito e illuminante: Maria protofemminista come grande artefice della personalità di suo figlio Gesù.

Il più filmico dei lavori di Guido Chiesa, il più emozionante. E con un messaggio: trattate con amore i vostri bambini, ciò che fate ha un peso per tutta la loro vita. “Freudiano” in senso lato questo film che con grande delicatezza e potenza visiva permette di capire, facendoli toccare con mano, i meccanismi traumatici della nascita e della crescita per il cucciolo d’uomo, sottolineando quanto sia importante l’istinto di protezione e fiducia della madre nei confronti di un figlio. Istinto frutto di un amore profondo, libero, consapevole, senza paura. Il sorriso di Maria, interpretata dall’incredibile Nadia Khlifi, attrice non professionista per la prima volta – forse l’ultima? – davanti a una macchina da presa, è l’incarnazione sottile e struggente della madre buona che ognuno di noi ha desiderato e desidera ancora.

Maria di Nazareth non è una santa ammantata di divino ma una giovane donna splendente della propria saggezza, di ciò che sa, che sente, che vuole. È davvero “piena di grazia” ma la usa con determinazione per conseguire i suoi obiettivi, osando confliggere con le leggi imposte dalla religione del suo popolo quando sente che non sono in armonia con la sua visione di Dio. Una donna coraggiosa che non teme di opporsi all’ottuso potere maschile che la vorrebbe sottomessa e spesso impura, zitta e obbediente, senza volontà propria, maltrattabile. Combatte con determinazione illuminata e luminosa le sue battaglie, a cominciare da quella di farsi accettare nella sua dignità dal marito Giuseppe, interpretato dall’attore franco-algerino Mustapha Benstiti con intenso equilibrio. E gli mette in braccio suo figlio dopo che è nato, con un gesto semplice e vietato dalla legge, coinvolgente, in cui sono riassunti anni di lotte femminili per la condivisione del ruolo genitoriale tra uomo e donna. In “Io sono con te” Maria è una donna fuori dalle regole, che non si sottomette al potere maschile anzi ne evidenzia tutta la pochezza, la meschinità. Tolto Giuseppe, escono davvero male gli uomini da questo film: ottusi e violenti, pavidi, assetati di potere. La donna in armonia con la natura e il mondo li sovrasta, li compatisce, riuscendo a illuminarne solo i migliori, quelli che sanno usare l’intelligenza del cuore. Nel film rende pienamente questo senso di ricezione della grazia mariana Fabrizio Gifuni, che in uno splendido cammeo esprime la potenza mite ma vibrante della forza di Maria di Nazareth.

Che la storia sia quella del Nuovo Testamento, in particolare il vangelo di Luca, non è di fondamentale importanza: quello che Nicoletta Micheli, moglie del regista, sembra aver voluto raccontare ideando il soggetto di questo film e scrivendolo poi con Guido Chiesa, sembra travalicare la religione e il divino, donando un senso semmai più profondo all’idea del “Dio che si fa uomo”: rintracciare nell’essere umano l’essenza del bene che abbiamo in noi in potenza, e che un vissuto infantile traumatico può toglierci. Chissà cosa penserà il pubblico di questo film: troppo poco religioso per i credenti, troppo religioso per gli atei. Gli uni e gli altri dovrebbero forse vederlo senza pregiudizio, come bambini. E se possibile in lingua originale (il dialetto arabo parlato nella zona tunisina in cui è stato girato) con i sottotitoli. È davvero potente sentire il suono “semitico” delle parole, pensarle alla luce di un’origine comune e mediterranea delle religioni del “Libro” – cronologicamente quella giudaica, quella cristiana e quella islamica – e pensare così simili, per quanto in atavica e inutile contrapposizione. Convince senz’altro la regia di Guido Chiesa, che ha diretto sapientemente un film non facile riuscendo a rendere morbido e pastoso un cromatismo eccellente, e miscelando con equilibrio senza cesure ogni altro aspetto del film, da quello recitativo a quello musicale. Abbiamo fatto qualche domanda a lui e sua moglie per comprendere meglio alcuni meccanismi.

Nicoletta, ha voluto scrivere un soggetto davvero forte e importante: da dove nasce questa idea?

L’idea è nata da un incontro. Una donna conosciuta grazie all’amicizia delle nostre figlie. E dalle sue intuizioni folgoranti che ho avuto il privilegio di condividere. Ero senza dubbio in cerca di risposte, e da tempo consideravo il fatto religioso non più con l’ostilità e il pregiudizio del passato. Ma la chiave di volta è stata la prospettiva assolutamente inedita, e soprattutto convincente, che lei mi proponeva. Questa persona non a caso è una outsider rispetto al mondo ufficiale della teologia o della stessa Chiesa. Ma a quanto pare sono spesso proprio gli outsider a regalarci le grandi rivelazioni.

Una domanda per entrambi che desidera una risposta sincera: come è stato scrivere questa storia insieme?

Nicoletta: Non facile. A volte sono subentrate dinamiche corrosive, dettate da visioni non coincidenti della questione mariana, nonché dell’impianto drammaturgico-narrativo. Ci eravamo avvicinati alla scrittura della storia con atteggiamenti inizialmente distanti, con differenti priorità. L’amalgama e la condivisione piena sono giunte dopo, forse addirittura al momento del montaggio, quando ancora e in extremis continuavamo a riscrivere il film.
Guido: Questa esperienza è stata ben più di un film, perché ha chiamato in causa ogni aspetto delle nostre vite: le nostre individualità, il nostro essere stati figli, il nostro essere genitori. È inevitabile che determinasse tensioni, perché quando si toccano corde come queste, nessuno può restarne indifferente.

Guido che cosa rappresenta questo film rispetto ai suoi lavori del passato, c’è una cesura?

Più vado avanti, più mi rendo conto che ogni mio film indaga, in fin dei conti, sempre la medesima tematica: la libertà dell’essere umano; che cosa significa e come la ottengo. Nel passato, pensavo che questa libertà si acquisisse attraverso l’agire individuale nei destini collettivi, con le armi della ragione e della politica. Ora penso che la vera libertà, quella che nessuna dittatura ti può togliere – che è prima di tutto la libertà dalle nevrosi, dalle ansie, dalle paure – è solo quella che nasce da un’infanzia in cui le tue necessità primarie, universali e a-temporali, prima di tutto fisiologiche, sono state rispettate e corrisposte. E ciò passa inevitabilmente attraverso la madre. Dal momento del concepimento al parto, proseguendo attraverso il nutrimento al seno e la custodia e protezione dell’innocenza di ogni neonato. In questa prospettiva, questo film è l’evoluzione di un cammino, e non un’inversione di tendenza. Ma un evoluzione determinante e conclusiva, perché sposta l’attenzione dagli effetti alla causa.

Che reazioni vi aspettate a questo film?

Nicoletta: Speriamo di riuscire a parlare al cuore di qualcuno. Di portare una testimonianza al bambino che siamo stati. E che meritava amore.

Ultima domanda Guido: questo film è generosamente ricco di critica al potere maschile, delineando una via femminile molto più equilibrata e in ultima analisi felice alla vita. È qualcosa che sente parte di sé o è soprattutto legata a questa storia?

Guido: Pensiamo che questa storia chiami in causa chiunque, credenti e non, genitori e non, perché tutti siamo stati piccoli e siamo nati da una donna. Di conseguenza, non posso non sentirmi coinvolto, interrogato. Ad esempio dalla figura di Giuseppe, il patriarca che scende dal piedistallo, rinuncia alla supremazia maschile e accetta che, in questioni come la maternità, sia la donna a stabilire i parametri, non secondo invasive leggi stabilite dalla religione, dalla cultura pedagogica o dalla scienza medica, ma seguendo il proprio istinto di mammifero evoluto, depositaria e artefice di quel meraviglioso mistero femminile che è la vita. Questo, secondo noi, è la verità mai “fuori moda” della storia di Maria e dei Vangeli dell’infanzia.