Carlo Giuliani, ragazzo.

 

Inutile continuare a far finta che sto prendendo sonno. È il 20 luglio 2011 da due ore e trentotto minuti, e ogni istante che passa scava dentro la parola anniversario, il corpo per terra, il sangue dalla testa.
Non credo che a Carlo Giuliani interessasse fare l’eroe, credo che gli interessasse restare vivo. Credo che servisse un morto, quei giorni, e che sia toccato a lui, per caso. Serviva qualcosa per dire “cattivi”, che rendesse dignità a quella massa di carta straccia di filigrana che teniamo nella banche, soprattutto in quelle svizzere. E mi sento senza forze per i suoi compleanni mai compiuti e per tutte le partite della Roma che non ha più seguito, da un televisore.
Spero le abbia viste dalle Grandi Praterie, spero ci guardi sereno e sorridente, Carlo, l’agnello che ha raccolto tutte le colpe, tranne le sue.
E allora oggi cercherò di fare tutto al meglio che posso, di mettere amore in ogni atto, sentire la vibrazione di ciascuna cosa, non essere pigra, sciatta, indegna, onorare tutto e glorificare la vita, bellissima, che ho. Ringraziando il cosmo che mi contiene e Carlo Giuliani, che da dieci anni mi addolora e mi ispira. Ti bacio Carlo, veglia su di noi.