Se potessi costringere tutti gli abitanti adulti del pianeta a leggere un libro per il 2017, sarebbe “Skuggans lag” [La legge dell’ombra, pubblicato dalla casa editrice svedese Kalla Kulor Förlag e non ancora tradotto in italiano – peccato! – ma disponibile in inglese su Amazon] scritto dal poliziotto stoccolmita Simon Häggström. In solo poco più di quattrocento pagine riesce a farci vedere un mondo nascosto, che sarebbe troppo comodo e autoconsolatorio chiamare osceno. Nelle sue narrazioni di esperienze vissute attraverso lunghe notti squallide in macchina a cercare di fermare i clienti delle prostitute, Häggström riesce a raccontare la storia di milioni di donne, di millenni di storia, di miliardi di violazioni. Un libro faticoso, ovviamente, ma imperativo, necessario, squarciante.
Per raccontare di questo saggio devo fare una lunga premessa, che spero potrà essere interessante. In Svezia già dal 1999 la prostituzione è reato per chi la sfrutta e per chi paga la prestazione, ma non per la persona il cui corpo viene comprato (che sia lei stessa a vendersi o, come molto più spesso accade, attraverso qualcuno che la sfrutta), ché la prostituta è considerata vittima di un abuso sessuale anche se all’apparenza “consenziente”. Viene infatti considerato che le donne coinvolte in questa pratica ne siano o costrette, o vittime psichiche. Nel primo caso attraverso una struttura di schiavismo e ricatto (che sia fisico o morale) da parte di un lenone; oppure per necessità economica, come spesso accade per esempio per donne straniere che vivono nella loro patria d’origine sotto la soglia della sopravvivenza. Per le vittime psichiche (che poi spesso son le stesse che finiscono nella morsa del ricatto) si tratta quasi sempre di donne che hanno subito un abuso sessuale durante l’infanzia o la prima adolescenza, soprattutto nel caso in cui l’abuso è avvenuto in famiglia. L’esperienza di un abuso sessuale da bambine (che sia esercitato con un atto violento o – più spesso – come manipolazione psichica) spezza spesso in modo indelebile la sacralità del proprio corpo, cancellando il senso del proprio valore e soprattutto della propria integrità. Una bambina abusata perde il confine corporeo e il lercio che l’ha lambita le resta dentro come una colpa che non ha avuto gli strumenti per restituire al mittente. Nei casi più pesanti e fragili difficilmente una donna trova in sé gli strumenti per cicatrizzare questo tipo di esperienze e quindi spesso il risultato è quello di mettere in atto un meccanismo di autodifesa paradossale e autolesionista: esporsi, offrirsi sessualmente, fino a mettere in vendita il proprio corpo. Dietro ogni donna molto ammiccante e “voluttuosa”, anche al punto di prostituirsi, c’è spesso una donna abusata e molto ferita, che mette in atto questi comportamenti per ottenere due risultati emotivi. Il primo è quello aleatorio dell’illusione del controllo sugli uomini, un riscatto di potere (“mi compri perché pur di avermi sei disposto anche a pagare” = “ho potere su di te” = “posso gestirti, al contrario di quella sensazione mostruosa di abuso, impotenza e sottomissione che ho vissuto da bambina”). Il secondo, ancora più straziante, è che le bambine abusate (e in generale tutti i bambini che subiscono maltrattamenti) tendono a dare la colpa a se stessi di quanto accade, nell’irrinunciabile fetida convinzione di esserselo meritato. Allora in questo senso prostituirsi diventa un modo per continuare a punirsi, in una perversa spirale di svalutazione ed espiazione.
Queste le basi che chiunque si occupi di prostituzione sotto il profilo psicologico e/o sociale conosce molto bene, e questo il mondo che Simon Häggström racconta, con un tocco cinematografico, commovente, addolorato, sfinito. Simon piccolo Davide che ogni giorno incontra un Golia che purtroppo non è un unico immenso gigante da sconfiggere una volta per tutte, ma una frammentata, polverizzata essenza di Male che sembra impossibile affrontare. Gli uomini maledetti con cui combatte: gli sfruttatori della prostituzione e gli utilizzatori, la loro ingordigia inarrestabile, il loro malato bisogno di dominio, possesso, maltrattamento. Perché nessuno può essere davvero così ingenuo da non sapere che una donna che vende sesso non lo fa per piacere, e quando lo finge è perché il cliente si sbrighi, o/e per evitare che le faccia del male; o lui o chi la mette in vendita. Una prostituta al di là di ogni possibile posa da dura, è una delle creature adulte più fragili al mondo, e questo assunto − che imbibisce tutto il libro di un’immensa pietas − cura il senso di femminilità ferita che ogni donna conosce perché lo porta dentro di sé. Leggere Häggström è un risarcimento, una possibilità che si apre. Ogni uomo che odia le donne tanto da comprarsele è sconfitto da questo poliziotto con il cuore stropicciato che cerca di mettere uno spazio tra la sua vita e questo orrore, ma spesso non riesce, e tutta l’impotenza di sentirsi una goccia nel mare l’ha trasformata in un saggio che non racconta un mestiere, ma una missione.
Le storie che Häggström ha scelto di narrare sono esempi tipologici di ciò che incontra, e alla fine della lettura ogni nostro velo, domanda o dubbio hanno avuto una risposta. Questa chiarezza, questa narrazione quasi tassonomica, ci offrono un quadro potente che in qualche modo ci dà la consolazione di sentire che esistono dinamiche conoscibili e quindi forse controllabili. Che se Davide non fosse lasciato solo, ma ci fossero tanti Davide per ogni perduto frammento di Golia, ci sarebbe una chance di porre fine a questa schiavitù e autolesione, a questo cannibalismo di gioventù e bellezza che non ha nulla a che vedere con il piacere sessuale ma solo con il sottomettere e godere di quella sottomissione, esattamente come avviene per uno stupro.
E il libro oltre ad avere questo contenuto di rispetto e amore per le donne, è anche un appassionante resoconto scritto con una felicissima penna dove ogni parola è pesata, elegante, significativa. Il talento di Häggström è sicuramente nato da un bisogno espressivo e di catarsi umana, ma la sua è vera Scrittura, e sarebbe bello che un giorno potesse continuare a essere uno scrittore senza doverlo fare per filtrare questo dolore.
Nel frattempo, noi donne, tutte insieme, gli dobbiamo un gigantesco grazie.