Ho letto molte cose carine e anche belle, ultimamente, oltre ad altre meno interessanti che non ho recensito, ma Madreferro va nella categoria “letteratura” più di ogni altra. Un romanzo a flusso in cui desideravo imbattermi da tempo, una prosa raffinata e pregna, necessaria, potente di lessico e frasi, senza mai affettazione. Letteratura, appunto. Che scava. E si fa leggere lentamente, quasi una pagina alla volta, come un ruminare di parole e soprattutto un colpire di aggettivi compiuti, compienti. Come bere finalmente senza essersi accorti di quanta sete si aveva, come un bel film dopo ore di televisione.
Non succedono grandi fatti in questa storia: una scrittrice torna nella sua cittadina di origine dopo qualche anno di assenza e ritrova un filo di congiunzione tra tutti i segni della sua infanzia che aveva subìto senza capire, dando finalmente nome e consapevolezza al trasudo violento e cattivo che respira da quei luoghi.
La sopraffazione sull’innocenza, il sacrificio per la perpetuazione di un potere malvagio, una cospirazione marcia di paese, la caccia alle streghe, mai quelle cattive. E nel Perturbante con tinte di Fantastico questo brevissimo lavoro coglie appieno la sensazione dell’heimlich freudiano e il familiare respinge, strugge, pare ingiusto. Un’atmosfera opprimente dove il candore pare destinato a soccombere, e il bene può sopravvivere solo se si allontana da lì, dalla cancrena omertosa. E nella consapevolezza di questo, la protagonista ricostruisce il suo passato con coraggio, combaciando a se stessa, abbracciando la propria madre. Bella prova di una scrittrice vera, Laura Liberale.