“L’abete austriaco”, il racconto di “Babbo Natale è strunz”

Mi sono accorta che pur avendo scritto qui di questo racconto e della geniale raccolta in cui è contenuto non lo avevo mai pubblicato tra queste pagine. Lo faccio ora, prima che l’inverno finisca ;o)

L’abete austriaco
Di Andrea Chimenti e Monica Mazzitelli

«Pssst! Ehi! Karl, mi senti?»
«Che c’è? Sono solo le sei!»
«Hai sentito il vento stanotte?»
«Alla faccia del vento! Non ha smesso mai, sono tutto arruffato…»
«Lo sai che significa, vero?»
«Che sta cambiando il tempo vecchia mia, è in arrivo la neve. Manca un soffio all’inverno.»
«Esatto…e cosa succede d’inverno?»
«Succede che me ne starò con il naso all’insù a sopportare il gelo come sempre… l’importante è non abbattersi. Fanno presto i signori faggi laggiù…gli cascano le foglie e se la dormono fino a primavera.»
«“Jingle Bells, Jingle Bells…”» canticchia Greta.
«Ah… volevi dire che sta arrivando il Natale… e allora?»
«Prova a guardarti intorno, cosa vedi?»
«Mhm…il cielo grigio uniforme che ingoia le cime innevate, questa vallata che scende dolce, il torrente, il silenzio, il bosco lontano…»
«Lontano, infatti. Siamo soli caro mio, te ne sei accorto?»
Karl resta zitto, le chiome piegano verso il basso, chinano la testa.
«Pensi che sia arrivato il nostro turno?»
«Sì. Di uno dei due.»
Per alcuni minuti è solo frusciare di vento.

«Ma sei sicura che anche quest’anno…»
«Dovrebbe essere l’ultimo, sì… l’anno scorso i boscaioli avevano detto che sarebbero tornati ancora una volta e poi basta.»
«Quindi tocca a me, o a te, Greta…»
Piove. Profumo di muschio e funghi, aghi bagnati.

«Toccherà a te, che ti vanti tanto di essere giovane e bello.»
«Forse a te, che mi fai sempre pesare di essere più grande e maestosa!»
«Ma non vedi quel segno che ti hanno lasciato sulla corteccia? Vuol dire che sei tu quello prescelto.»
«Ma cosa dici! I segni li hanno sempre messi su quelli da salvare!»
«Sbagliato! È tutto il contrario!» le fremono le chiome.
«Ma va, ma cosa vuoi ricordarti alla tua età! Anzi, sai una cosa? Il legno vecchio brucia pure meglio, finite le feste!»
La pioggia comincia a scendere più lenta, pesante. È nevischio.

«Dai, magari quest’anno non vengono proprio, alla fine… ci lasciano in pace.»
«Senti, non volevo dire che sei vecchia.»
«Guarda che è vero eh? Sono anziana ormai…Per questo sarebbe più giusto che abbattessero me.»
«Sì, e io come dovrei vivere? Per tutta la vita solo tra questi tronchi mozzati e marci? Senti l’odore, sono putridi. Fantasmi.»
«A volte li ho sentiti, la notte. Ho sentito il vento tra i loro rami…»
«Tutte fantasie, io a queste cose non ci credo.»
«Sussurri. parole. Bisbigli. Non sono mai andati via, Karl. Tu non hai mai provato ad ascoltare.»
«Un abete quando è morto è morto, basta, fine, kaputt!»
«Vedo oltre: distese di alberi, cortecce resine e profumi d’erba; radici, vento e nuvole gonfie di neve, che scivolando ci accarezza i rami; qui, ora, per sempre.»
«Chi te l’ha raccontata questa storia… quelli che vengono tutti gli anni con asce e funi?»

Città del Vaticano, 7 dicembre.
«Pronto? Ciao, dimmi, che c’è? Ma come è arrivato l’abete dall’Austria? Bloccato sulla Salaria?? Ma se Monsignor Picchi l’aveva disdetto! Abbiamo già preso da un pezzo accordi con la Finlandia!! Austria? Macché Austria, che il Santo Padre se l’è presa per quella legge sulle staminali…lo sai com’è fatto, no? Ma certo che è la Finlandia che c’ha mandato quel cazzo d’abete! Affacciati cretino, lo stanno tirando su adesso! E che ne so io, ma che mi frega di quest’abete austriaco! Rimandalo indietro! Va beh, allora non lo so, buttalo. Che ne so, fallo a pezzi e dagli fuoco. Ma che mi frega come!»