Domenica 3 luglio 2011 chiude la libreria Flexi dello storico quartiere Monti, a Roma. E io mi chiedo: adesso come faccio?
Quando c’era ancora il vecchio sito con la tag cloud, il mio nome era uno di quelli che campeggiava più grande in home page: ero sempre lì a presentare qualcosa, che fosse un libro mio o di qualcun altro, che fosse la presenza a un dibattito o a un’iniziativa, il Flexi era la mia casa culturale, il mio luogo di scambio di saperi, di intelligenza, di pensiero libero e antagonista, di informazione e controinformazione. Ma era anche una festa sempre aperta dove potevi imbucarti ogni volta che volevi, che la giornata era storta, che la serata finiva troppo presto, o semplicemente prenderti una coccola prima di tornare a casa. Ogni volta che ho dato un appuntamento a qualcuno per un aperitivo in centro è stato lì, come un’appendice del mio salotto, perché il Flexi è – devo proprio dire “era”? – un posto caldo, accogliente, ospitale, dove per anni ho trovato tutta quella gente simile a me che non avrei saputo dove altro intercettare dal vivo altrimenti.
Perché il Flexi è stato un gruppo di persone speciali, uniche, importanti per la mia vita e per quella di moltissime altre persone: Andrea, Francesca, Gualtiero, Lorenzo, Marzia e Massimiliano hanno reso questo posto l’ombelico di un mondo che non voleva perdersi, che si cercava per similitudine, per distanza dal mainstream mediatico, per la forza di vedere e raccontare la realtà, per il piacere di amare le stesse cose, la stessa letteratura, le stesse storie, gli stessi giochi, lo stesso vino anarchico rosè (nella versione di Francesca, con la foglia di menta dentro), gli stessi cocktails e persino le stesse patatine. Perché il Flexi è stato soprattutto una comunità di esseri umani affini, di facce uguali che si riconoscevano là dentro facendo amicizia così da niente, sulla porta a fumare una sigaretta, dirsi ciao ma tu che fai, come negli anni sessanta il vecchio ristorante frequentato dagli scapoli del quartiere. Siamo stati un piccolo gregge, noi flexici, e adesso dove andremo?
Sono sicura che del Flexi si parlerà per anni a venire, come di quei vecchi caffè letterari dove si ritrovavano artisti squattrinati che alla fine sono diventati dei pilastri della nostra cultura novecentesca.
E noi che l’abbiamo frequentato ci ricorderemo dell’accoglienza che abbiamo avuto tra quelle mura con commozione e gratitudine. Io in testa. Sì perché al Flexi non solo ho presentato libri, ma ci ho girato anche due booktrailers, “Auroralia” di Gaja Cenciarelli e “La ragazza di Cartagine” di Vincenzo Ciampi. Gratis.
Ma soprattutto, al Flexi sono stata in momenti cruciali della mia vita, come quando stavo per incontrare Sami, il protagonista di uno dei racconti più belli che abbia mai scritto (“Una lunga storia quasi d’amore” di cui la prima parte è qui e la seconda qui, e nella seconda si parla dei calici che mi regalò Gualtiero), o quando ero troppo infelice per andare da qualsiasi altra parte, o giorni di grandi emozioni come il 26 giugno 2009, data del mio secondo divorzio e prima presentazione di Auroralia, e il 19 dicembre 2009, seconda presentazione flexica di Auroralia, dove ho conosciuto persone che sono ormai parte del mio DNA. O quando ad aprile ho organizzato una festa a sorpresa per salutare Fabio Viola che andava in Giappone. Vedere la sua faccia quando ha capito che tutti quei suoi amici che improvvisamente entravano con aria vaga al Flexi non potevano essere lì per caso è stata un’emozione che ancora mi commuove.
La domanda è seria, adesso: che fare senza il Flexi? Non ho risposte.
Dove saremo tutti noi, senza il Flexi? Quale cane pastore potrà riunirci in un branco? Venerdì primo luglio 2011 faremo una grande festa di addio, che spero non finisca mai. Io mi ubriacherò con un cocktail che Massimiliano ha inventato per me: un dito di Varnelli, uno di vodka, e succo di mirtillo Pago, con qualche goccia di limone. Si chiama Monica Viola, e si beve solo lì, o a casa mia. Saremo felici di salutarci ma sarà struggente e ci sentiremo piccoli orfanelli usciti dalle pagine di Dickens, e non ci fregherà nulla di nasconderlo. Perché noi del Flexi siamo così, gente che vive con passione e intensità, per questo saremo così sorridenti venerdì, perché dovremo nascondere l’angoscia e la paura del vuoto.