Recensione del bellissimo romanzo di Fabio Viola appena uscito per Ponte alle Grazie, uscita ora per LPELS e Slowcult.
Intenso, intelligente e misterioso, questo romanzo dalla scrittura nitida e brillante pone molte più domande di quelle a cui risponde, fortunatamente. E si ha l’impressione che Fabio Viola si sia divertito a comporlo, seguendo Gli Intervistatori in domande impensate che lo trascinavano in una direzione nuova e misteriosamente perfetta all’interno di una trama che pur giocata sull’assurdo e il surreale non si disconnette mai dalla vita vera, dalla concretezza dello spessore umano a favore di quello scenico.
Ci piacciono tutte le vittime di questi intervistatori, poveri cristi rapiti e intrappolati per qualche ora, legati a una sedia o imprigionati in altro modo, seviziati se tentano la fuga, costretti a sentirsi sbattuta in faccia la propria vita, a farsi rammentare i propri errori – i drammi, le meschinità – da delle “voci” robotiche che sembrano conoscere tutto di loro ma, pur sapendolo, continuano a fare domande incalzanti e spietate, ostentando britannico aplomb. Chi sono? Cosa vogliono? Come fanno a sapere dettagli di vita così segreti, inconfessati e antichi di ciascuna delle persone che sequestrano? Il mistero di queste pagine è qui, e tiene il lettore ancorato fino alla fine della storia in un crescendo pilotato dall’antieroe Ivano, che pare più che altro un umano capitato su un pianeta diverso, un mondo delirato di uomini e donne che, messi alla corda dagli intervistatori, sembrano vivere tutti una vita ambigua ed errata, ma soprattutto finta, distante da chi sono veramente. Solo Ivano sembra indisponibile alla finzione, e pronto a andare fino in fondo al delirio che lo vuole travolgere, pronto a ficcare letteralmente le mani nel putrido del mistero, fosse anche una carogna di un ghiro, per estrarne un senso: che appaia sotto forma di un ciuccio di gomma non fa nulla, l’importante è andare a fondo. E questo fondo alla fine sembra essere soprattutto quello dell’inconscio, del barile degli oli esausti della nostra vita che non riusciamo a grattare via: il senso di colpa verso gli altri e noi stessi, la nostra incapacità di accettarci come siamo veramente, e mostrarci al mondo come tali vivendo per ciò che siamo.
Si può leggere in molti modi questo romanzo: farsi prendere dall’ironia, godersi la pagina, perdersi nel surreale kafkiano, seguire il garbuglio di climax e anticlimax o concentrarsi sulla psiche dei personaggi, tutto ci porterà comunque alla messa a nudo e fuoco del paese Italia che Fabio Viola ci sa raccontare con spietata e disarmante franchezza.