Un esordio narrativo molto convincente per un compositore e cantante con alle spalle (e davanti a sé!) una lunghissima carriera nell’area più raffinata della musica cantautoriale indipendente italiana, un romanzo che per certi aspetti sorprende, con una trama avvincente che trascina senza usare meccanismi troppo semplicistici della costruzione della fabula. Anzi, Andrea Chimenti si prende un rischio non piccolo (cosa che del resto fa da sempre anche in campo musicale) scrivendo un romanzo che ben prima del successo della seria televisiva “Trono di spade” lambisce − in una delle due storie che scorrono parallele nel romanzo – elementi ascrivibili al genere fantasy, esponendosi così a un possibile disdegno aprioristico di questo lavoro. Ma, proprio come per la serie, l’utilizzo di personaggi e situazioni di quel mondo è soprattutto funzionale al comunicare alcuni archetipi e contenuti di bene e male, a comporre una complessità psichica di ciascun personaggio.
Il romanzo è composto da due filoni narrativi che si incrociano in una proiezione fantastica: da un lato c’è Yuri, un ragazzo che un handicap di memoria rende fragile e in pericolo, perseguitato da misteriose persone che tentano di rapirlo, e dalle quali si riesce a difendere per mero istinto. Yuri ha come unica certezza e continuità della sua vita un libro antico da cui non si separa mai: “La Resilientia”, che vede come protagonista un giovane e valoroso cavaliere, Ruan. L’unica storia che Yuri ricordi è quella narrata nel volume, che costituisce quindi tanto la sua unica via di fuga psichica, che il suo ancoraggio e speranza di sopravvivenza; il libro diviene per lui l’unica possibile decodifica del mondo. Le vite dei due protagonisti scorrono in parte in modo speculare: per entrambi si tratta di compiere un viaggio pieno di insidie, durante il quale è necessario molto coraggio e capacità di andare oltre le proprie forze. In questo senso il romanzo di Chimenti sarebbe fin troppo classico. Ma gli accadimenti sono invece spesso spiazzanti, con passaggi impervi a volte, persino un po’ acerbi, in sintonia con i due protagonisti che solo lentamente sembrano apprendere gli strumenti per la sopravvivenza alle situazioni ostili.
Ruan è un cavaliere e pertanto più forte di Yuri, ragazzo abbandonato all’indifferenza e all’ostilità del mondo, ma per entrambi c’è la necessità di trovare un appoggio archetipale: una donna affettivamente vicina e protettiva che nel caso di entrambi ha a che fare con un sentimento di amore che, pur non disgiunto da una componente di eros, è più vicino a un’agape materna. Per Ruan si tratta di un’unica donna, che incarna tanto una figura guerriera quanto in modo indefinito e vago (in senso leopardiano) una rappresentazione di amore disinteressato e splendente. Nel caso di Yuri invece le due funzioni sono divise in due figure distinte, quella di sua sorella (guerriera e protettiva) e quella di una ragazza, che pur essendo anche lei vittima e impossibilitata a sfuggire al suo giogo, riesce a sopravvivere esercitando un cinismo difensivo.
Ma le strade dei due protagonisti sono più che altro segnate dalla presenza e/o assenza di una figura paterna potente e capace, responsabilizzante ma anche in grado di dare fiducia. Infatti mentre Ruan riceve una piena investitura, Yuri nelle sue peregrinazioni conosce solo un’unica figura maschile che pur essendo gentile, è di fatto impotente.
La storia di Ruan e quella di Yuri scorrono parallele e alterne, toccandosi solo a livello dell’immaginazione, e restano distinte anche stilisticamente, anzi, è proprio nella prosa che il distacco è più tangibile. Chimenti sa usare due registri opposti: uno più aulico, quasi antiquato a volte, per Ruan, e uno decisamente più moderno e asciutto per Yuri, sincopato, freddo, scabro. Come il suo mondo cupo e senza futuro.
Andrea, raccontaci la genesi di questo romanzo. La scrittura è un desiderio recente o la coltivi da tempo in parallelo con la composizione musicale?
Ho scritto per tanti anni testi di canzoni e ad un certo punto ho sentito il bisogno di uscire dallo schema “strofa-ritornello”. La canzone è una grande scuola di scrittura, soprattutto per quanto riguarda la sintesi e il ritmo, ma ha dei limiti dati dalla brevità e dalla metrica. Le parole di una canzone vivono in simbiosi con la musica e perdono forza se separate da quest’ultima. Ho sentito il bisogno di sperimentare la parola nuda e cruda in un processo narrativo. Ho già avuto esperienze di pubblicazioni in passato, ma sempre sotto forma di racconto. La genesi di Yuri è stata semplice nell’atto iniziale: avevo una storia in testa e ho sentito l’impulso di scriverla. Non è stato molto diverso da quando scrivo canzoni perchè la creatività nasce sempre da una necessità, è sempre mossa da un bisogno interiore; credo di non aver mai scritto una canzone per dovere, sarebbe una forma di artigianato che non mi è congeniale. Ho profondi limiti nella costruzione a tavolino di qualsiasi cosa. Per questo motivo i miei dischi sono così distanziati nel tempo. Per il romanzo Yuri è stato molto simile: avevo una storia che mi girava in testa e così non ho resistito a superare gli argini della canzone per riversarmi nel mondo della letteratura. Volevo parlare della condizione giovanile di oggi. È un argomento che mi sta a cuore, non solo perchè ho un figlio, ma perchè ho visto balenare nello sguardo di molti giovani lo stesso smarrimento. Uno smarrimento sconosciuto alla mia generazione adolescente negli anni settanta. Avevamo una visione proiettata lontano, mentre oggi lo sguardo di un ragazzo si arena molto prima, spesso incapace di immaginare un domani. Questo mi ha interrogato e fatto pensare. Non voglio dilungarmi su questo argomento perchè è molto vasto e non saprei maneggiarlo come si deve, voglio solo dire che i giovani oggi non sono nati miopi, ma che le generazioni precedenti sono riuscite a depredarli di molte cose, tra cui il futuro. Da qui nasce la storia di Yuri che ho immaginato come metafora della condizione di molti ragazzi.
A un musicista del tuo calibro, che ha addirittura scritto un pezzo per David Sylvian, cosa può offrire la letteratura in più, rispetto alla musica?
Ogni volta che ho avuto a che fare con una nuova disciplina artistica, ho sempre trovato un arricchimento che si è riversato nella musica e nel mio modo di lavorare. La letteratura la vivo come uno spazio dove poter sviluppare e far crescere tutti quei pensieri che hanno fatto capolino nelle canzoni, che ho potuto solo sfiorare in un testo e sviluppare musicalmente. Scrivere è un po’ tradurre in parole delle emozioni e sentimenti espressi con le note, è mettere nero su bianco quella trama immaginata dietro ad una musica. È stato interessante fare il processo inverso: scrivere un romanzo e immaginarci una musica, tradurlo in suono.
Yuri è anche un progetto musicale, ci racconti del nuovo album?
Infatti, come ti dicevo, prima è nato il romanzo e poi il nuovo disco che uscirà in autunno. Porterà lo stesso titolo “Yuri” e sarà una raccolta di canzoni ispirate alla storia del libro. Credo di non essermi mai ripetuto nella mia produzione discografica e anche questa volta sarà un disco di atmosfere diversissime da quello precedente (Tempesta di Fiori). Questo nuovo lavoro ha tonalità molto scure con una ricerca sonora che si è avvalsa della produzione e arrangiamenti di Francesco Chimenti e Davide Andreoni dei Sycamore Age. Ispirandomi alla storia del libro, necessariamente ho cercato di superare il cliché strofa/ritornello per dare un più ampio respiro ai brani pur rimanendo nella formula “canzone”. I testi toccano argomenti politici, in alcuni casi in modo diretto, come raramente ho fatto nei miei lavori trascorsi.