È online il mio nuovo pezzo per Slowcult, una doppia recensione di due romanzi molto piacevoli. Il compact-giallo di Gaia Conventi e lo psiconoir di Daniele Borghi.
Enjoy!
BREVISSIMAMENTE GIALLI
O forse dovremmo dire che uno è giallo (quello della Conventi) e l’altro un noir psicologico?
Il romanzo di Daniele Borghi infatti è decisamente cupo: una donna che ha appena passato i cinquanta si trova di fronte a una vita che ha cercato di ignorare: la propria. E non solo nei suoi contenuti pratici ma soprattutto in quelli emotivi. Emma è arrivata alla fine di un binario su cui si sente di rotolare per caso, per conseguenze di vita di cui fa fatica a rintracciare una convinta scintilla iniziale, se non quella di un amore nato in gioventù che ha finito per essere una carcassa insostenibile. Una carcassa tutt’altro che vuota però: ricolma di odio, tutto quell’odio che nasce dalla fine delle illusioni, dall’amarezza di un senso di spreco del proprio tempo a favore di un progetto/qualcuno che appare ormai solo la caricatura volgare dell’uomo che aveva sposato. Ma è proprio dall’odio che la protagonista trae la spinta per vedere se il treno può rimettersi in moto, se il binario non è alla fine davvero morto, ma solo stanco. E fa una scelta assurda e rischiosa, in uno stato quasi delirante. Ce la farà?
Credo che quello che più conta non sia l’intreccio o il finale di questo romanzo, ma il ritratto sensibile e da una prospettiva così “al femminile” di questa donna, che conosciamo intimamente in tutta la sua debolezza ma anche nella sua forza, nel non volersi arrendere a costo di sbagliare, il rifiuto a rinunciare alla sua ultima occasione di vita. È davvero abile Borghi nel descrivere questo personaggio, lo fa con un’umanità e una sensibilità che ricorda certa letteratura francese. Forse si sarebbe potuto asciugare qualche metafora di troppo in questa elegante prosa, ma si tratta di piccoli dettagli che non tolgono nulla a un romanzo molto interessante. È il quarto della sua carriera: lo terremo d’occhio.
Totalmente diverso il lavoro di Gaia Conventi, un giallo comico che mi ha strappato più di una risata a alta voce durante la lettura. Davvero un lavoro brevissimo, praticamente un racconto lungo, ma molto godibile: la protagonista, la settantenne Franca, meriterebbe di serializzarsi come una Signora in Giallo all’italiana, perché – grazie anche al suo buonsenso milanese molto spiccio, ma in realtà molto contaminato dall’ironia tutta emiliana dell’autrice – fin dalle primissime pagine è già personaggio, carattere su cui attaccare tic e modi di dire, fissazioni e ironia. È un occhio comico e caratterizzato sul mondo la Franca: non si può non essere dalla sua parte, anche quando si comporta in modo esecrabile.
Come ne “La gita a Tindari” di Camilleri siamo alle prese con uno di quei terribili viaggi promozionali che costano quasi nulla perché abbinati alla vendita di prodotti per la casa, in questo caso, va da sé, delle pentole. Ma il romanzo è tutto in preparazione del finale, con omicidio e sua soluzione in coda: i passeggeri del pullman, con le vesciche urlanti, restano sulla via del ritorno stipati a bordo: uno di loro è per forza l’assassino. Un’atmosfera alla Christie ma con tutto il colore un po’ grossolano di una banda di vecchietti alle presa con la stroncante Salama da sugo ferrarese.
Ha vinto il premio “Passi nel buio” 2009 questo romanzo, ma del resto Gaia Conventi ha fatto incetta di premi letterari negli ultimi tempi: “Esperienze in giallo” 2008, e il “Gran Giallo Città di Cattolica” per un racconto “La morte scivola sotto la pelle” che è stato di recente pubblicato in un Giallo Mondadori. La giovane autrice ferrarese ha sicuramente una prosa sicura e autorevole, oltre che esilarante.