Luca Aquino in concerto alla Casa del Jazz, Roma, 9 novembre 2013
A volte la cifra del piacere di un concerto è proprio nell’atmosfera morbida, intima e vicina che i musicisti riescono a creare con il pubblico, come fosse la magia di una suonata improvvisata in una baita montana un istante prima che qualcuno dica “buonanotte”, mentre poi invece si resta in piedi a fare musica fino a mattina. E sai che quello che hai vissuto era per pochi, e irripetibile. La performance di Luca Aquino alla Casa del Jazz ha assomigliato a questo: c’era un pubblico ammirato, ma non solo ammirante; c’era un partecipare a qualcosa di personale e gioioso. Il tutto in verità ben lontano da qualsiasi possibile idea di casereccio: la musica è stirata in ogni direzione, come l’album da cui è tratta, aQustico, uscito per la Tùk Music di Paolo Fresu. Da raffinata a animale, da freettosa a standard, da spernacchiata a dolcissima, una galoppata in molti generi dove infatti emerge più la varietà che una stretta originalità compositiva delle melodie, che spesso rispettano criteri di piacevolezza più che di innovazione, facendo brillare maggiormente esecuzione e interpretazione.
Aquino è versatile e riesce a imprimere una sensazione a volte materica al suono della sua tromba, dandole dei colori molto belli e ricchi, a volte mediterranei e latini, a volte algidi e struggentemente nordici, il tutto con quella che sembra in apparenza una grande semplicità; un effetto simile a quello che offre nella collaborazione con Manù Katché, che lo ha scelto nella sua band.
Per questo concerto romano ha avuto affianco il fisarmonicista Carmine Ioanna (suo partner principale dell’album), e per qualche pezzo la pianista Sade Mangiaracina, giustamente indispensabile in particolare per il pezzo da lei composto, “Mastroianni”, che apre il disco con forza e autorevolezza.
Su Ioanna devo fare una premessa importante: io non amo, per nulla, il suono degli strumenti a mantice. Anzi, di solito mi provocano una sorta di depressione natalizia gastrica, salvo rarissime eccezioni come Beirut Band, un po’ di Piazzolla o pezzi epici come Birds di Marius Neset. Ma Carmine Ioanna, in questa esecuzione prevalentemente in duo con Luca Aquino, ha sradicato il concetto di fisarmonica, per me. Perché la fa suonare in ogni gamma, da uno Stainway a coda a un cajòn, passando per ogni sfumatura intermedia. Sarà forse l’assenza dal palco della sessione ritmica della formazione di Aquino (Vendola al contrabbasso e Marzi a batteria e percussioni), ma Ioanna è riuscito a tirare fuori davvero qualsiasi cosa dal suo strumento, e la complicità con Aquino ci ha strappato sorrisi allegri e qualche risata. Si sono divertiti, e si è visto, per quanto serissima fosse l’esecuzione e l’abilità eccezionale di entrambi.