Una recensione per il quotidiano Off.
Rtf qui.
Giovani carini e scrittori
Una presentazione a tre al “Martelive” di Colloca, Fattori e Morici, scrittori di nuova generazione
L’unione fa la forza, soprattutto se quello che si vuole raccontare è una realtà giovane e disincantata, da snocciolare su piani temporali diversi. Saverio Fattori, con “Chi ha ucciso i Talk Talk?”, infilza gli anni ottanta con il suo famoso bisturi, parlando di anni che continuano a pesarci sulle spalle come macigni; Gianluca Colloca, nel suo incalzante e spunteggiato “Pork Soda”, ci racconta una scapestrata vita di periferia dalla parte degli spietati, come li avrebbe probabilmente – e spietatamente – raccontati Pasolini; e dopo passato e presente facciamo un salto nel futuro con Claudio Morici e il suo nuovo romanzo “Actarus” (cioè il pilota del robot Goldrake), dove il protagonista è un extraterrestre emigrato in Giappone nonché alcolista da Peroni Nastro Azzurro.
Ragazzi, c’è poco da ridere. Fattori parla degli anni ottanta, Colloca mette come foto di copertina se stesso travestito da Mazinga, Morici usa Actarus come protagonista del suo nuovo romanzo. Vivi o morti, non ne usciamo proprio da questi anni ottanta?
Fattori: Ci sono ragioni oggettive che fanno di questi anni un periodo terrificante. Segnano la fine delle avanguardie politiche e culturali degli anni ’60 e ’70. Sono il ponte che arriva su un presente raccapricciante. Però sono anche un pretesto… insomma finiscono per identificare tutto ciò che detestiamo, che ci fa paura, schifo. In senso lato voglio dire… si prendono tutte le colpe.
Morici: Beh, eravamo nell’età dell’apprendimento. E i nostri genitori ci hanno sbattuto davanti la TV perché tornavano a casa stanchi e così stavamo buoni, in silenzio… La nostra generazione ha avuto i cartoni animati giapponesi al posto delle favole prima di andare a letto. E il primo fu proprio Goldrake. Una sorta di imprinting cognitivo che influenza la tua vita per sempre. Per restare in tema, direi che tra manga, pubblicità e nuove tecniche di comunicazione di massa, fummo bombardati con raggi missili. Per cui scrivere, ricordare e rielaborare oggi gli anni ottanta è un antidoto, te li reinventi, passi al contrattacco, ti vendichi, finalmente puoi riscriverteli e trasformarli in base alle tue esigenze. Utilizzi lo stesso strumento dell’aggressore, che ormai hai imparato bene, lo usi come modalità di sopravvivenza.
Colloca: Per me gli anni ottanta rappresentano l’infanzia, cioè l’unico periodo della vita in cui sono stato sereno. Più che uscirne, sono un qualcosa a parte: un’idea, più che una stagione.
Comunque, mano a mano che viene su la generazione che negli anni ottanta è nata, e che quindi non ne ha ricordo, se ne parlerà sempre meno, inevitabilmente.
Nei vostri romanzi ci sono sempre i buoni e cattivi. Ma i cattivi veri chi sono, davvero? E i buoni, esistono?
Fattori: Sto leggendo “Un certo senso” di Francesco Fagioli. Mi ha richiamato all’ordine. Il nemico è dentro di noi. Il nemico siamo noi. Fatico sempre più a sopportare lo schifo che si ammucchia ovunque. Ma devo trovare dentro di me la forza per reagire. Nessun partito, nessun movimento, nessun amico sulla stessa lunghezza d’onda, nessuna donna, nessun libro può portarmi in salvo. Nemmeno i buoni, voglio dire, possono portarmi in salvo. È questo il messaggio tragico post-77. I cattivi ci sono. Sono ormai troppi. Stanno soffocando tutto. Inquinano l’acqua, rubano ossigeno alle persone decenti che boccheggiano. Pensa che oggi sono di buon umore…
Morici: Il mio romanzo si ispira a una cartone, qui i buoni e i cattivi sono davvero indispensabili altrimenti il bambino si confonde, non ha riferimenti etici, magari da grande ti diventa schizofrenico, va a sapere. I buoni sono Actarus e il celebre Istituto, i cattivi sono i veganiani e tutto fila liscio così, anche nel mio libro. Però ad un certo punto ho fatto degli esperimenti e li ho inseriti nella narrazione. Ad esempio, ho preso dei comunicati di Al Qaeda veri, pubblicati dopo alcuni attentati terroristici e ho sostituito “Stati Uniti” con l’Istituto di Goldrake e “Vega” con l’Islam. Era perfetto, non ho dovuto quasi spostare una virgola, quei comunicati sembravano scritti apposta per un cartone animato. Poi il mio Actarus si accorge pian piano che qualcosa non va: non è possibile che i buoni vincano tutte le battaglie da anni e che il suo capo continui però a terrorizzarlo sul potere dei cattivi, a citare gli attentati, a mostrare foto dai satelliti, a svegliarlo la mattina presto per salvare la Terra… Davvero sembra tutto finto, pensa Actarus.
Colloca: I cattivi, come si dice, sono molto più divertenti da raccontare. Questo nelle storie. Nella vita reale invece, non ci credo tanto ai buoni. I buoni, per una serie di ragioni, sono perlopiù dei cattivi inespressi.