Le “Sirenades” di Lina Nyberg: grandeur jazz

 

Una donna spettacolare, oltre che una grande musicista: 16 album in 20 anni di carriera. Ma a quanto pare, nessun desiderio − e nessun bisogno – di smettere. Anzi. Questo nuovo album è decisamente tutto tranne che in tono casuale o minore, al contrario. Nonostante la crisi evidente dell’acquisto di supporti non digitali in Scandinavia, la Nyberg ha creato un oggetto che vuole davvero essere tenuto tra le mani, letto, accarezzato. Un doppio CD da comprare, assolutamente, con una grafica e un’estetica forti, anche grazie alle foto di Miki Anaguris e le illustrazioni di Matilda Ruta; un album concettuale che la dice lunga sulla capacità musicale e quasi metafisica di una delle voci più importanti del nobile panorama scandinavo. Due CD sontuosi e ambiziosi per le “sirenate”, parti più dionisiache e parti più apollinee, tra dolcezza e abisso, tenute insieme con piglio ferreo e consapevole che si permette di volare dal respiro grandioso di Broadway al free jazz, passando per quasi tutto, dalle malinconie esistenziali all’afro-cuban jazz. Il suo equivalente pop sarebbe Divine Comedy.

Dalla dolcezza inquietante delle sirene (Sirens, il primo CD) si passa ai Monsters del secondo, e nei 13 pezzi di questo doppio album Lina Nyberg mette a grande prova la sua voce, cimentandosi in canzoni dove riesce a far splendere le sue doti vocali (forse in un paio le manca la ruvidezza giusta per essere “cattiva” quanto vorrebbe, ma sono dettagli). In qualsiasi caso, al di là delle sue ampie doti di cantante e compositrice, la Nyberg trasmette anche una grande emotività, un pathos interiore, un’urgenza di comunicare e dire, quasi di “esistere”. Questo senza mai essere fragile.

La composizione è raffinata e estremamente bilanciata, nessuno strumento è dominante, neanche la voce, anzi, prevale l’equilibrio, come una perfetta insalata di riso dove qualche ingrediente può restare per qualche istante sotto i denti, e si assapora, ma ciò che prevale è il gusto complessivo. E non viene forzata nemmeno la presenza della fantastica Norrbotten Big Band, composta anche da grandissimi solisti come Karl-Martin Almqvist, che ha un assolo di sax tenore su “The Sirenade”, e Håkan Broström, anche lui sax alto su “The Monster”. I solisti della lineup (Cecilia Persson al piano, David Stackenäs alle chitarre, Josef Kallerdahl al basso e Peter Danemo alla batteria) sono perfetti nei loro ruoli, e scelti per un’ottima amalgama. Danemo è uno dei migliori batteristi scandinavi, e in verità anche uno dei suoi migliori compositori, e me ne occuperò presto a parte, basti però menzionare che in questo disco ha curato uno splendido arrangiamento di Lilac Wine. I pezzi di questo album si trasformano continuamente, si smentiscono, sfuggono a qualsiasi definizione, non vogliono far affezionare l’ascoltatore a niente, dargli un appiglio a cui tenersi, farsi ridurre in un unico scaffale.

Il primo CD si apre con One Tone Song, pezzo articolatissimo che esordisce con una chitarra interessantissima di David Stackenäs suonata con un EBow, che si scioglie però subito poi in un arrangiamento filmico con qualche eco cubana, che precipita in un crescendo di dissonanze in cui Lina gioca con la voce, fino a una nuova chitarra – stavolta prog fino a essere acida – su cui si inseguono frenetici contrabbasso e batteria, con il tutto a stemperarsi nuovamente nel finale che riprende la cadenza filmica, dove la voce torna larga e tranquilla.
Un arrangiamento simile per The Cyber Song, dove viene in primo piano il contenuto del testo: la nostra socialità viene inibita dal relazionarsi virtuale, che nella sua iperpresenza diventa de facto più distaccata e distante. Il pezzo si fa mano a mano sommesso, fino a lasciare in luce solo l’intensa, minimale linea del pianoforte di Cecilia Persson (una delle poche musiciste jazz donne, nella pur egalitarissima Svezia), che ricresce fino a riprendere il tema iniziale.
Come già accennato, Lilac Wine si avvale dello splendido arrangiamento di Peter Danemo, per una delle migliori interpretazioni vocali della Nyberg di questo album.
In The Monster Song si apprezza appieno la Norrbotten Big Band per uno strepitoso arrangiamento iniziale da music score anni ’70 che prende poi toni da musical, fino a far emergere il magnifico sax di Håkan Broström che duetta con il contrabbasso di Josef Kallerdahl, intermezzato da un delizioso coretto che melodicamente parlando è una delle cose più gustose dell’album, prima che torni la Big Band con il suo musical a chiudere.
Dopo un attacco ancora molto cinematografico, si resta molto ancorati a un groove sinuosamente cubano per buona parte della title track The Sirenade, dove si apprezza al meglio il sax di Karl-Martin Almqvist.
Chiude il primo CD lo stesso pezzo che apre poi il secondo: Who Shall Measure, titolo preso dall’inizio di una delle più conosciute citazioni da Virginia Woolf tratta da Una stanza tutta per sé «…who shall measure the heat and violence of a poet's heart when caught and tangled in a woman's body?» [ovvero: «Chi mai potrà misurare il fervore e la violenza del cuore di un poeta quando rimane preso e intrappolato in un corpo di donna?»]. Questa versione è pienamente orchestrale, sinfonica e brevissima, serve quasi solo a dare un assaggio del CD successivo, che si apre con questo stesso pezzo in una dimensione da camera, in un certo senso più libera. Probabilmente si tratta di una mia interpretazione del tutto personale, ma ho la sensazione che l’interpretazione vocale così forte e di piglio la Nyberg se la sia voluta concedere su questo pezzo woolfiano proprio come una piccola “rivendicazione” sul proprio essere donna, tirando fuori qualche artiglio rispetto al suo essere artista in un mondo dominato dal maschile.
Continua brillantemente il gioco vocalico anche nel pezzo successivo, The Skin, dove ascoltarla giocare con le note è un’esperienza strepitosa, forse il pezzo migliore del doppio album sotto questo profilo, dove escono splendidamente contrabbasso e pianoforte, con un crescendo anche della batteria.
Il terzo pezzo (The Monster Song) è anch’esso un reprise dal primo CD ma in una versione semplificata dove la voce emerge nuovamente con più coloritura su un timbro più alla Nina Simone, impreziosito –termine trito, ma davvero usato con convinzione– dalla splendida chitarra di Stackenäs, con ancora l’irresistibile coretto finale e la chiusura della Norrbotten.
In The Song of the Roses la Nyberg gioca ancora con la grande ricchezza della voce in una modulazione più “grassa” e ricca di armonici dove è perfettamente a suo agio, con un accompagnamento minimale, il tutto introdotto da un gustoso assolo di contrabbasso.
Quinta traccia con un motivo beatlesiano, The Woodlouse, seguita da I write, anche questa con un motivo pop rock, con il potente contrabbasso di Kallerdahl suonato con l’archetto in abbinamento al fantastico gioco di spazzole di Danemo.
Il secondo CD si chiude con una ballata di Caetano Veloso (un compositore molto frequentato dalla Nyberg) dal sapore quasi un po’ folk, London London, dove la sua voce gioca molto sulla pastosità del contralto, dove si apprezzano davvero le sue doti di interprete.

Complimenti Lina: questo è un lavoro solido, ambizioso, sfaccettato, spettacolare e coerente: quanto complicate è stato crearlo?
GRAZIE! È stato molto bello leggere le tue opinioni. La creatività non è mai un problema per me, al contrario degli aspetti pratici; continuo a sentirmi felice di essere riuscita a gestire tutto: distribuire le parti ai musicisti, organizzare le prove, registrare, missare… è una strada lunga e irta di ostacoli da sormontare: mi sento più una maratoneta.

C’è qualcosa tra quelle che ho segnalato sulle quali vuoi fare una puntualizzazione?
Ho spesso questi pensieri monumentali, intellettuali e (forse troppo) ambiziosi dentro la mia musica. Avviene molto raramente che qualcuno li noti o gli interessino, e questo fa parte dell’aspetto easy going del jazz come genere. Mi fa molto piacere tu li abbia invece notati.

Hai espresso ammirazione e apprezzamento nei confronti di Maria Pia De Vito. Hai mai pensato a una collaborazione con lei?
Mi piacerebbe tantissimo!! È una dei miei musicisti preferiti.

Dove ti porta il tuo prossimo desiderio musicale, o qualsiasi tuo altro desiderio, in effetti? 🙂
Non ne ho idea… Cerco di non pensarci, dopo un progetto di questa portata ho bisogno di staccare un po’ la spina dalla musica e dalla creatività 🙂

 

“The Sirenades”, Lina Nyberg, Hoob Records/Border, 2014

CD 1- Sirens:

  1. One Tone Song
  2. The Cyber Song
  3. Lilac Wine
  4. The Monster Song
  5. The Sirenade
  6. Who Shall Measure

CD 2 – Monsters:

  1. Who Shall Measure
  2. The Skin
  3. The Monster Song
  4. The Song of the Roses
  5. The Woodlouse
  6. I Write
  7. London London

Lina Nyberg: voce
Cecilia Persson: piano
David Stackenäs: chitarre
Josef Kallerdahl: basso
Peter Danemo: batteria

Norrbotten Big Band: Bo Strandberg: tromba; Magnus Ekholm: tromba; Dan Johansson: tromba; Jaçek Onuszkiewicz: tromba; Peter Dahlgren: trombone; Christine Carlsson: trombone; Arvid Ingberg: trombone; Björn Hängsel: trombone; Håkan Broström: sassofono; Jan Thelin: sassofono; Mats Garberg: sassofono; Karl-Martin Almqvist: sassofono; Per Moberg: sassofono.