Skyfall: Bond sulla linea d’ombra

Il mio secondo pezzo per il blog su l'Unità.

C’era così tanto da scrivere su questo film che l’unico modo che ho avuto per farlo serenamente è stato partire con l’idea che sarebbe stato impossibile dire tutto. E nonostante le mie migliori intenzioni, questo post non è affatto breve, e non è neanche una recensione quanto più una critica, perciò più adatta a chi il film l’ha già visto. Mi appello alla clemenza della corte augurandomi di riuscire a farvi arrivare in fondo a bordo delle mie montagne russe di associazioni di idee, frantumi di suggestioni, lacerti di reminiscenze scolastiche, poesia, e qualche milione di metri di pellicole. E ora partiamo! 🙂
Per quanto non si direbbe, a conoscermi, io sono una fan acritica dei Bond movies: ho visto quasi tutti i film, almeno tre volte, con punte di una dozzina di ripetizioni. Non li distinguo uno dall’altro, volutamente: per me Bond è un archetipo a prescindere dall’attore che lo interpreta, una sorta di noumeno platonico. È un agente segreto che esiste realmente, e che anche in questo istante è in missione da qualche parte; quale sia, lo scoprirò nel prossimo film. La premessa solo per far capire che quanto sto per dichiarare non ha nessun contenuto denigratorio o sminuente, per me. Lo dico: Skyfall è molto più di un Bond movie.

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“La Patente”, di Alessandro Palazzi

Fresco, intelligente, anticonvenzionale, aperto, divertente: “La patente”, primo lungometraggio di Alessandro Palazzi, è un film che si stacca dal panorama italiano per mettere in scena una commedia in stile britannico, dal sapore un po’ sit-com, dove la sessualità e i rapporti umani travalicano gli schemi in modo comico e spiazzante, per nulla timorosi di uscire dai binari tradizionali. La ricerca di una “normalità” sentimentale avviene attraverso processi poco ortodossi, dove la pulsione sessuale e quella sentimentale posso confondersi ma anche prendere strade diverse. Sicuramente è centrale il tema della precarietà, visto da una prospettiva sincera e schietta, senza buonismi: arrangiarsi per sopravvivere, costi quel che costi, con o senza morale, a costo di fare i furbi.
Attori perlopiù molto convincenti a dare vis a una sceneggiatura divertente e spregiudicata – con qualche momento demenziale e surreale – ci fanno viaggiare dentro una storia piuttosto semplice: due ragazzi cercano di mettere insieme uno stipendio portando all’attivo un’autoscuola, dovendo però superare gli ostacoli “umani” di studenti complessi e problematici, stranieri con problemi di lingua o imbranatissimi, adolescenti con turbe sentimentali e trans seduttivi, con un contorno di altre figure marginali ma molto comiche. Non era facile gestire questo magma senza scadere in uno stile eccessivamente sit-com ma, tolto qualche dialogo in esubero e un paio di inciampi narrativi, il film scorre via veloce e regala qualche momento più profondo della mera comicità, offrendo una riflessione sull’Italia moderna.

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“Bel Ami”: il seduttore non seduce

Di solito non recensisco cose che non mi piacciono, preferisco scrivere solo di ciò che mi convince, ma per questo film ho fatto un'eccezione: l'ho trovato davvero irritante a fronte di critiche molto buone anche su testate di peso. Ho ritenuto di dover "bilanciare" le cose.

"Bel Ami": il seduttore non seduce

Che peccato, un film così. Inutile, insignificante, che vorrebbe avere la complessità de “Le relazioni pericolose” (non citiamo neanche “Valmont”, la sua migliore versione) ma non arriva neanche a esserne la caricatura, con attori che pur bravi, da soli, sembrano qui recitare senza una vera regia, abbandonati a un copione da cui cercano di estrarre qualcosa che somigli a un personaggio.
La trama, ricavata dall’omonimo romanzo di Guy de Maupassant, vuole Georges Duroy (Robert Pattinson), uno squattrinato ex soldato, intrufolarsi nell’alta società parigina grazie a un conoscente giornalista che lo accoglie nel suo entourage. Grazie alla sua avvenenza, Duroy ne sedurrà a turno tre esponenti importanti:  Clotilde De Marelle (Christina Ricci), Madeleine Forestier (Uma Thurman), e Virginie Walters (Kristin Scott Thomas).

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“Diaz” di Daniele Vicari: il Male, la Paura, l’Odio.

C’è bisogno di coraggio per vedere questo film, ma è necessario trovarlo.

Pensavo di sapere quasi tutto sul G8 di Genova del 2001, ma invece no: non abbastanza. Perché sapere non è vedere. Non sapevo o non contenevo tutto questo dolore, questo sangue, questo abuso, questa crudeltà, questa disumanità, questa carne che implora inutilmente pietà a quella follia aguzzina che sa come violentare senza arrivare a uccidere, per non essere incriminata; follia che è (dentro) il nostro Stato.

Più che mai: i colpevoli della Diaz e di Bolzaneto non solo non sono stati sospesi dal servizio ma sono stati per lo più promossi. E sono ancora tra noi, per strada, con una divisa addosso, con il tricolore cucito sulla giubba. Per difenderci.

Sì, questa recensione non è asettica ma di parte, perché il film lo merita, anzi: lo reclama, lo esige. Perché se esci dal cinema senza sentirti le ossa incrinate, i muscoli pesti, gli occhi gonfi, la mente confusa e intontita allora Vicari ha fallito. Ma non fallisce, perché in sala all’accensione delle luci c’è solo silenzio livido, musi di gesso e mani tremanti a cercare i giubbotti.

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“Justine c’est moi”: recensione del dvd Melancholia di Lars Von Trier

Mi ci sono voluti due mesi di riflessioni, scritture e riscritture, visioni e ri-visioni di film, letture e ricerche, per completare questa recensione. Non so se si noterà questo sforzo o meno, o se si noterà troppo, chissà, ma questa è di certo la più laboriosa delle recensioni che io abbia mai prodotto e in questo senso ne sono orgogliosa 😉 E meno male che doveva essere pronta per il 22 febbraio, giorno dell'uscita in dvd, altrimenti non so per quanto ancora l'avrei trascinata. E ora, a voi il giudizio…..

"Melancholia” in dvd: la depressione che distrugge il mondo.

Si è già scritto molto a proposito di “Melancholia”, un film che ha in comune con l’altro capolavoro presentato a Cannes nel 2011, The Tree of Life di Terrence Malick, l’essere una pellicola senza scale di grigio: la si ama o la si odia. Due opere simili, per alcuni aspetti, che differiscono molto nell’esecuzione: nitido e cristallino Malick, sporco (ma non quanto un tempo) Von Trier, che pur non ostentando più il Dogma, continua a preferire macchina a mano/camera a spalla piuttosto che cavalletti, dolly, carrelli e quant’altro ostacoli un set. Ma di questo diremo meglio più avanti, concentrando ora il discorso sugli aspetti che emergono dalla visione del film in dvd, in lingua originale. Continua a leggere

“Arrietty” la fine del mondo secondo Miyazaki

Recensione per SlowCult

Hayao Miyazaki è forse il più grande creatore giapponese di cartoni animati, da Heidi a Lupin, da La città incantata a Il castello errante di Howl, per citarne pochissimi, ed è anche il fondatore di una casa di produzione fondamentale per l’animazione giapponese: lo Studio Ghibli. Dalla sua factory emerge qui per la prima volta alla regia un collaboratore prezioso e disegnatore delle sue cose migliori (come appunto La città incantata), Hiromasa Yonebayashi – che non ha fatto rimpiangere il Maestro, autore comunque della sceneggiatura di questa piccola perla per adulti e ragazzi.

I temi infatti sono quelli da sempre al centro di Miyazaki: la natura, l’utilizzo delle risorse, la bruttezza del cinismo del mondo adulto incapace di rispettare la poesia del pianeta.

La fabula si ispira a un libro per ragazzi (tradotto in italiano con il titolo “Gli sgraffignoli”, in inglese “The borrowers”) dell’autrice britannica Mary Norton. È la storia di una famiglia di gnomi che vive nelle fondamenta della villa di una famiglia giapponese alla periferia di Tokyo. Continua a leggere

“The tree of life”: la quinta mitologica fatica del divino Terrence Malick, Palma d’Oro a Cannes 2011

Una summa summarum della poetica e della filosofia malickiana questo ultimo struggente lungometraggio The tree of life dove il regista texano – il più schivo della storia del cinema – ha ripreso le storie, i simboli, le situazioni e il credo narrato nei suoi quattro film precedenti per tirarne fuori un densissimo capolavoro di arte cinematografica. Un film che si ricongiunge alla suggestione del suo primo lavoro La rabbia giovane, interpretato da un intenso carnale Martin Sheen con un’eterea quasi-bambina Sissy Spacek, suggestione che forse in questo film si chiarifica fornendo un senso molto più edipico a quella storia girata nel ’73.
Una famiglia middle class pare all’inizio incarnare la più tipica rassicurante immagine pubblicitaria possibile: un padre affettuoso interpretato da un perfetto Brad Pitt in versione kennediana è sposato e ha tre figli con la giovanissima Jessica Chastain, rossa e lentigginosa come Sissy Spacek, madre-fatina, perfetto angelo del focolare. Nelle loro vite assolate irrompe la tragedia della morte del secondogenito, e a partire da lì, a ritroso, scopriamo i retroscena della famiglia, dove la figura del padre si rivela essere quella di un tiranno insicuro che sfida i figli cercando di piegarli all’ubbidienza, sfogando tra le mura domestiche la frustrazione di non essere riuscito a diventare un uomo di successo e potere nel suo lavoro, pur avendo rinunciato per questo a dedicarsi alla sua originaria passione per la musica. Continua a leggere

Recensione del recital da “Acqua Sporca” di L. R. Carrino

Una recensione del bellissimo spettacolo di Luigi Romolo Carrino, per slowcult.

ACQUA STORTA: l’amore gay nelle maglie della camorra.

Ero dispiaciuta di non aver letto il romanzo “Acqua storta”, pubblicato da Meridiano Zero nel 2008, prima di vederne la riduzione teatrale. Con il mio rigore calvinista, di solito non mi concedo deroghe su questo punto: quando un film o una pièce sono tratte da un libro, lo leggo prima; ma stavolta non c’era tempo. Qui però avrei fatto malissimo, perché se avessi già conosciuto la storia non avrei potuto apprezzare altrettanto bene la riuscita di questo adattamento, la bellezza di un lavoro che ha la sua potenza anche in questo accennare, far capire, attraverso istantanee narrative e musicali potenti, una storia dolorosa e vera, umanissima, e quindi tragica. Avrei perso qualcosa quindi: le letture profonde e sentite dell’autore del romanzo, Luigi Romolo Carrino, adattate per la scena con la musicista Federica Principi, sono stati momenti forti dove il romanziere ha esibito una stoffa recitativa notevole, nonostante fosse il suo esordio come attore. “Non farò mai più niente di simile” ci ha detto sorridendo dopo lo spettacolo, ma chissà perché non ci ha convinti fino in fondo. Continua a leggere

GLIMA, ghiaccio bollente – Masbedo feat. Maroccolo e Lagash

Una nuova recensione per Slowcult uscita anche per Music on TNT.

GLIMA, ghiaccio bollente – Una performance ispirata all’Islanda per Masbedo feat. Maroccolo e Lagash
Roma, 19-20 novembre 2010, Teatro Vascello

Un’antica lotta medievale vichinga basata sul confronto psichico tra i contendenti e sulla necessità di non perdere l’equilibrio, ispira lo spettacolo ideato dal duo videoartistico Masbedo (Nicolò Masazza e Jacopo Bedogni) e portato in scena con le musiche dal vivo di due bassisti fondamentali della storia dell’indie rock italiano, Gianni Maroccolo e Luca Lagash Saporiti (Marlene Kuntz), e i movimenti di teatrodanza degli attori e danzatori Erna Omarsdottir e Damir Todorovic.
Glima è il nome di questa lotta che come molte discipline simili ha in sé anche l’armonia del movimento in una sfumatura di danza, colta dai Masbedo come spunto scenico per la loro prima volta alla regia di uno spettacolo teatrale. Il risultato è Continua a leggere

Intervista a Guido Chiesa e Nicoletta Micheli sul nuovo film “Io sono con te” per l’Unità online

Un nuovo pezzo sullo splendido e commovente film che Guido Chiesa ha scritto con la moglie Nicoletta Micheli, andatelo a vedere….
Guido Chiesa e Nicoletta: ecco la nostra Maria

“Io sono con te”, il nuovo film di Guido Chiesa in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma, è dedicato alla figura della Madonna e la racconta da un punto di vista inedito e illuminante: Maria protofemminista come grande artefice della personalità di suo figlio Gesù.

Il più filmico dei lavori di Guido Chiesa, il più emozionante. E con un messaggio: trattate con amore i vostri bambini, ciò che fate ha un peso per tutta la loro vita. “Freudiano” in senso lato questo film che con grande delicatezza e potenza visiva permette di capire, facendoli toccare con mano, i meccanismi traumatici della nascita e della crescita per il cucciolo d’uomo, sottolineando quanto sia importante l’istinto di protezione e fiducia della madre nei confronti di un figlio. Istinto frutto di un amore profondo, libero, consapevole, senza paura. Il sorriso di Maria, interpretata dall’incredibile Nadia Khlifi, attrice non professionista per la prima volta – forse l’ultima? – davanti a una macchina da presa, è l’incarnazione sottile e struggente della madre buona che ognuno di noi ha desiderato e desidera ancora.
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